Alberto Ferrero della Marmora: il cuore tra Biella e Sardegna

Personaggi Biellesi da conoscere più da vicino
Nei pressi della basilica in cui riposa, verrà intitolata la nuova “Piazzetta Alberto La Marmora”

Nato da un parto gemellare, battezzato in giornata da due poveri, Alberto Ferrero della Marmora vince la sua prima battaglia non appena messo al mondo, sopravvivendo alla sorella gemella, morta poco dopo.
Se non ha la tempra fisica delle altre due grandi A della famiglia, Alessandro (1799) e Alfonso (1804), Alberto è loro pari per animo, intelligenza, carattere. Pochi mesi dopo la sua nascita, avvenuta il 7 aprile 1789, il mondo non sarebbe più stato lo stesso, e questo cambiamento avrebbe influito per sempre anche sulla sua vita, come su quella del fratello primogenito Carlo, di lui maggiore di un anno.
Le Monde nouveau lo forma alla Scuola imperiale militare di Fontainebleau e quindi negli eserciti di Napoleone, combattendo in Calabria, a Wagram, Lutzen, Bautzen, restando prigioniero a Torgau. Il 22 luglio 1813 gli viene concessa la Legion d’onore.
Con la restaurazione, il 31 gennaio 1816 riceve l’ordine militare di Savoia in cambio della Legione, con chi sa quale stato d’animo, solo il 10 luglio 1850 è nuovamente autorizzato a fregiarsi della prestigiosa decorazione napoleonica, non concessa sicuramente con facilità e ai non meritevoli.
Avendo alle spalle studi ornitologici nel Midi francese, sulla ali del vento nel 1819 giunge in Sardegna per studiarne la fauna.Alberto La Marmora conosceva sicuramente la Carta De Logu (Legge dello Stato) promulgata da Eleonora d’Arborea nel 1392 e rimasta in vigore, dopo l’estensione per la sua validità su tutta l’Isola da parte degli Spagnoli, fino al 1827, quando venne sostituita dal Codice di Carlo Felice di Savoia. La quercia verde sradicata di Arborea, ricorda al viaggiatore biellese l’albero di frutta sradicato, con l’orso passante, dell’antico stemma cittadino sul vecchio S. Stefano di Biella Piano.
Già un Ferrero Fieschi della Marmora, Filippo, di Biella Piazzo, era stato Viceré di Sardegna, come pure il Conte di Dorzano, collaboratore del Conte Giovan Battista Bogino, buon amico dell’isola, cui Re Carlo Emanuele III (1730 – 1773) affidò un piano di rinascita. Il primo vescovo di Biella, Mons. Giulio Cesare Viancini (1772) era stato Arcivescovo di Sassari.
Ma l’ex ufficiale napoleonico, oltre i notevoli interessi storici e naturalistici, avrà sicuramente approfondito i motivi dell’apparente contraddizione che portò i Sardi nel gennaio 1793 a sconfiggere gli invasori Francesi, tra cui il tenente colonnello Napoleone Bonaparte, a cacciare nel 1794 tutti i Piemontesi (ad eccezione dell’Arcivescovo di Cagliari Vittorio Filippo Melano di Portula) e quindi, dopo i moti antifeudali, nel 1799 ad accogliere in pieno lealismo la corte sabauda fino alla Restaurazione nel 1814.
La dispensa dal servizio occorsa il 23 ottobre 1821 ad Alberto La Marmora è forse in qualche modo collegata al principe Carlo Emanuele dal Pozzo della Cisterna, di Biella Piazzo, già Barone dell’Impero Francese, uno dei capi dei moti del ’21, impiccato in effige a Biella il 14 agosto. Padre della futura Regina di Spagna Maria Vittoria, dopo l’indulto del 1842 sarà Senatore del Regno.
Il Principe, coetaneo del La Marmora, sarà in corrispondenza con il Conte, cui lo legano le prevenzioni allora espresse verso quanti avevano servito Napoleone.
Tra questi, in posizione privilegiata essendo addetto alla casa dei Principi di Carignano, il fratello Carlo, Principe di Masserano, dal 1815 a fianco di Carlo Alberto del quale diverrà primo aiutante di campo fino a Novara. Proprio il futuro sovrano si complimenterà con Carlo La Marmora del comportamento di Alberto, esortandolo a perseverare, essendo certo del suo rientro in servizio.
Alberto torna quindi in Sardegna, e continua ad approfondire la conoscenza dell’isola. Nel 1826 pubblica la prima parte del Voyage e l’Atlante (nel 1840 la seconda parte). Nel 1829 è maggiore di fanteria a disposizione del Viceré Giuseppe Tornielli di Vergano che esprime la piena contentezza di Carlo Alberto, (due anni prima di diventare Re), delle prove di sincero affetto e di cordiale devozione dategli dai Sardi durante il viaggio predisposto e curato dal La Marmora.
Sul saggio “Considerazioni sulla Sardegna” Carlo Alberto avrebbe esposto le impressioni riportate, tra cui: “Anche le più fertili contrade d’Europa, amministrate per qualche anno come la Sardegna, avrebbero le campagne spopolate e diventerebbero malsane e gli abitanti ne soffrirebbero come quelli della Sardegna. Da quando la Sardegna è passata sotto il dominio della nostra famiglia, i provvedimenti più favorevoli nei suoi riguardi fallirono perché partirono da basi sbagliate, giacché si volevano dare solo i palliativi ai mali esistenti senza osare attaccarli alle loro origini“.

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