Contributo alla tradizione locale nella variante isolana

Papassinos sardi e “dolcetto o scherzetto?”: i dolci della questua dei morti, compresa tra i due equinozi, non oltre quello di primavera – castagne e vino piemontesi per il tavolo dei morti – mille varianti di antichissime tradizioni attestate in Europa, in Asia Minore e in Asia centrale.

Sebastiana Nurra DeianaSabato 7 novembre, alle ore 21, al Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, è in calendario un nuovo dolce appuntamento.
Artefice della serata sarà Sebastiana Nurra Deiana, che presenterà “Sos papassinos puttumajoresos“, dolci tipici della tradizione isolana, preparati in occasione della ricorrenza dei morti, quando, secondo tradizioni antichissime, in un’area vastissima comprendente parte dell’Europa, dell’Asia Minore e dell’Asia centrale, torme di bambini e di ragazzi usavano recarsi di casa in casa, cantando filastrocche, elemosinando dolci e piccole somme di denaro.
In Sardegna, da sempre, i dolci da offrire ai questuanti sono sos papassinos, esposti su un’apposita tavola imbandita, sa banca de sos mortos, “il tavolo dei morti”, apparecchiata al tramonto del primo novembre.
È una consuetudine ancora attiva anche in Piemonte nella variante delle ballotte, castagne cotte con sale e foglie di alloro, accompagnate da un bicchiere di vino rosso.
Nei due versanti delle Alpi, la questua, a volte differita nel tempo, viene praticata in uno spazio temporale compreso tra i due equinozi, ma mai oltre quello di primavera.
In alcune località del Verbano-Cusio-Ossola, è possibile assistere all’incanto dei morti, a cui gli abitanti partecipano con l’offerta di zucche, di castagne, di patate e di altri prodotti della terra e dell’artigianato locale.
Nel Biellese, fino a una decina di anni fa, i bambini di Pralungo, travestiti da femmina, elemosinavano cantando in falsetto.
Nelle torme di bambini e di ragazzi, a volte mascherati, che scorrazzano questuando per i villaggi è stata riconosciuta una raffigurazione delle schiere dei morti.
Secondo Carlo Ginzburg (Storia notturna, 1989), “le scorribande dei bambini dei paesi di lingua inglese di qua e di là dell’Atlantico, durante la notte di Halloween (31 ottobre), costituiscono un esempio vivente di una consuetudine analoga. Il rito apparentemente giocoso della questua avrebbe indotto sentimenti ambivalenti – paura, senso di colpa, desiderio di procurarsi favori attraverso penitenze – legati all’immagine ambivalente dei morti“.
I ragazzi di oggi, ignari eredi di questo lontano passato, bussano alle nostre porte ponendo l’antico quesito che ha riattraversato l’oceano: “Dolcetto o scherzetto?”
È in questo quadro d’insieme che sos papassinos puttumajoresos vengono riproposti da Su Nuraghe.
Ma la Sardegna custodisce inediti elementi formulaici che affratellano attraverso cibi, riti e usanze comuni. Sono le quartine intonate sull’aria dei popolarissimi gosos:

pro sos derectos et tortos
semus bennidos a dimandare
si nos nde cherides dare
pro fagher bene a sos mortos

Battista Saiu


Nell’immagine: locandina che ritrae Sebastiana Nurra e sos papassinos puttumajoresos.

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