Un giardino mediterraneo fiorisce tra le montagne biellesi grazie alla virtuosa sinergia tra associazioni
Alle porte orientali di Biella, dove il vento alpino comincia a farsi sentire, sta prendendo forma un miracolo verde che unisce il mare e la montagna, la Sardegna e il Piemonte. Nell’area monumentale di Nuraghe Chervu – ideata e progettata in collaborazione tra l’Amministrazione Comunale e il Circolo Culturale Sardo di Biella “Su Nuraghe“, al quale è stata affidata, e già simbolo della profonda fratellanza tra questi territori – sono iniziati gli interventi di sistemazione e abbellimento del giardino mediterraneo che circonda il simulacro di nuraghe.
È un progetto che ha il sapore delle cose belle, quelle che nascono quando le persone decidono di mettere insieme le loro forze per il bene comune. E qui, in questo lembo di terra biellese, la collaborazione spontanea e disinteressata tra associazioni si manifesta in tutta la sua forza poietica: ognuna con le proprie competenze, tutte verso lo stesso orizzonte.
Il Nuraghe stesso, costruito con pietre di melafiro in omaggio agli studi scientifici di Alberto Ferrero della Marmora – lo stesso prezioso materiale che ne decora il monumento funebre nella Basilica di San Sebastiano a Biella – si erge maestoso ed emblematico al centro di questo nuovo Eden. La Marmora, che morì a Torino nel 1863, fu sepolto nella cripta della Basilica biellese dove il suo amico Quintino Sella volle che tre grandi lastre di melafiro decorassero il busto marmoreo realizzato dallo scultore Vincenzo Vela, a ricordo di quell’indocile piemontese che, confinato in Sardegna per simpatie liberali, attraversò l’isola in lungo e in largo amandola come e forse più degli stessi sardi, lasciando opere che sono ancora pietre miliari per gli studi archeologici, etnografici, geologici e naturalistici dell’isola.
Nuraghe Chervu che, da anni, rappresenta l’amicizia tra Sardegna e Piemonte è affiancato ora da un lastricato della memoria: centinaia di pietre da tutta Italia che ricordano i Caduti della Grande Guerra, ciascuna con inciso il nome di un comune e il numero dei suoi figli perduti al fronte.
Oggi, attorno a questo luogo di memoria, fiorisce una nuova vita: piante che arrivano dall’Agenzia FoReSTAS (Forestale Regionale per lo Sviluppo del Territorio e dell’Ambiente) della Regione Autonoma della Sardegna; un’istituzione che gestisce le foreste demaniali dell’Isola e si occupa del patrimonio forestale e ambientale; specie mediterranee che, in questo tempo di cambiamenti climatici, trovano nelle zone alpine un inaspettato terreno di crescita, testimoniando come la natura stessa sappia adattarsi e trovare equilibri nuovi.
E chi meglio dei giovani richiedenti asilo dell’Associazione Pacefuturo di Pettinengo poteva prendersi cura di questo giardino che attraversa confini e culture? Ragazzi provenienti dal Burkina Faso e dalla Guinea, coordinati con passione e competenza da Daniele Bora, che portano a Nuraghe Chervu le loro storie, le loro mani laboriose, la loro voglia di futuro.
Pacefuturo è molto più di un’associazione: è un modello di accoglienza riconosciuto in ambito italiano ed europeo, un progetto che, dal 2006, ha trasformato Villa Piazzo a Pettinengo in un luogo dove l’accoglienza non si traduce in mero assistenzialismo, ma rappresenta un percorso reale. Qui, si tessono tappeti, si lavora la ceramica, si impara un mestiere. Qui, si costruisce dignità attraverso il lavoro e la condivisione.
I primi interventi hanno riguardato la manutenzione delle essenze botaniche messe a dimora nel corso degli anni, a partire dal 2008, anno della posa della prima pietra del monumento. Ginepri (Juniperus communis) che sussurrano ricordi di montagne sarde, ginestre che esplodono di giallo come piccoli soli, cisti nelle varietà bianche e rosse (incanus e salvifolius) che profumano di resina e di tempo sospeso. E poi i corbezzoli, con i loro frutti rossi che sembrano piccole lanterne accese, il mirto comune a foglia piccola e a foglia grande, custode di antiche leggende isolane. E, infine, dolcissimi messaggeri del Sud, gli elicrisi (Helichrysum italicum), i cui fiori dorati e profumatissimi compongono quella fragranza inconfondibile che chi ha camminato lungo i sentieri sardi conosce bene: il vero “profumo di Sardegna”.
Sono loro, questi fiori e queste piante, che portano il saluto verde dalle marine sarde alle zone montane biellesi. Sono loro che, con le loro fioriture endemiche, forniranno nettare prezioso per la vicina Oasi delle Api, quell’aula didattica all’aperto che, ogni anno, accoglie studenti e cittadini, insegnando il rispetto per la natura e la bellezza della biodiversità.
C’è qualcosa di profondamente poetico in questo intreccio: un’area ideata insieme dall’Amministrazione Comunale e dal Circolo Sardo, che ne cura con dedizione la gestione; piante della Sardegna donate dall’Agenzia FoReSTAS; ragazzi africani che le accudiscono coordinati da Pacefuturo; tutto questo attorno a un monumento alla memoria e alla fratellanza. È la dimostrazione palese che quando le istituzioni e le associazioni lavorano insieme, quando ciascuna mette a disposizione le proprie competenze senza protagonismi, quando agire con e per gli altri non è solo una parola ma una pratica quotidiana, allora si creano opere che vanno oltre il loro scopo immediato.
Nuraghe Chervu non è un semplice monumento di pietra. È un giardino vivo, un ponte, un esempio di come il bene comune si costruisca, davvero, solo insieme: con pazienza, con cura, con la consapevolezza che ogni gesto – anche il più piccolo, come piantare un ginepro o sistemare un’aiuola – può contribuire a tessere quella rete di bontà e di bellezza di cui tutti sentiamo la mancanza.
E mentre i ragazzi di Pacefuturo si prendono cura delle piante mediterranee che crescono e si rafforzano nel terreno biellese, sotto il cielo che accarezza le Alpi e il mare di Sardegna, viene spontaneo pensare che il senso più profondo dei rapporti umani non sia fare al posto degli altri, ma insieme agli altri. Ciascuno con il proprio contributo unico e prezioso, per costruire e custodire nel tempo qualcosa che appartiene a tutti.
Battista Saiu
Nella fotografia: operatori di Pacefuturo al lavoro presso l’area monumentale di Nuraghe Chervu a Biella

