Sabato 17 e domenica 18 aprile si terrà a Pray Biellese l’Ottava edizione di “Sapori di Primavera” – gemellaggio del gusto tra Piemonte e Sardegna – degustazione di prodotti tipici – mostra di curiosi attrezzi per la cucina: “Le forme del rame” – presentazione del libro: “In cucina con la birra Menabrea”

Gli ingredienti della memoria. In più circostanze è stato ricordato come il comportamento alimentare, più di ogni altro aspetto culturale, sia un rivelatore d’identità umane e di civiltà ((Cfr., A.R.Zara, L’Odissea in cucina, Il leone verde, Torino, 2006, p. 9. Nonché in F.Soletti – a cura di, Il grande mosaico della cucina italiana, Touring Club Italia, Assago, 2009: I.Diamanti, L’uomo che mangia, p. 29; P.Teverini, Interpretare la tradizione, pp. 58-71.)). L’uomo, infatti, modificando e lavorando il cibo prima di consumarlo, si distingue da ogni altro essere vivente assumendo il ruolo di “inventore”, come nel caso indicativo del pane, ove il grano è convertito in alimento attraverso un processo di trasformazione per mezzo del fuoco e, quindi, della cottura, sorta di alchimia nella quale quanto è crudo e distinto si evolve in una pietanza composita ma unitaria ((Cfr., R.A.Alves, La cucina come parabola, Qiqajon – Comunità di Bose, Magnano, 1996, pp. 8-10; C.Augias, Dal pane alle polpette, così l’uomo inventò i cibi, in Il Venerdì di Repubblica, n. 1147, 12 marzo 2010, p. 129; B.Saiu, Non di solo pane, in Aa.Vv., Parla come mangi. Il cibo dell’altro, Centro Territoriale Permanente per l’Educazione degli Adulti, Biella, 2006, pp. 8-10.)). Nelle attività gastronomiche ruolo fondamentale è ricoperto dalla persona del cuoco, soggetto nel quale si presentano decisivi per l’esito dei risultati le origini, il bagaglio culturale di conoscenze tecniche, oltre che le doti personali, tutti elementi utili a rendere unici ed irripetibili i “piatti”. Tutto ciò evidenzia come il “mangiare” abbia a che fare con la memoria, ossia con un mondo di esperienze umane che è ancora presente, grazie anche alla trasmissione orale, ove cibo e pietanze, nonché le sfere sensoriali del gusto e dei profumi, sono la risultante di processi storici, anche lunghi nel tempo, ed essi stessi fattore di conservazione culturale ((Cfr., C.Berardo, Alla tavola di Giovanni Arpino, Il leone verde, Torino, 2007, p. 8; M.Montanari, Italia, un mosaico di culture e cucine, in F.Soletti, op.cit., pp. 10-23; P.Teverini, op.cit., pp. 58-59.)). A tale riguardo rivelatrice di aspetti non del tutto scontati si mostra essere una breve analisi filologica ed etimologica circa le parole italiane “sapore” e “sapienza“, entrambe di origine latina e con una comune radice nel verbo săpĭo-is, săpĭi, săpĕre, il cui significato può consistere, alternativamente, nell’aver sapore o nel sapere-conoscere, a sibillina conferma della celeberrima massima del filosofo Ludwig Feuerbach, il quale affermava che «siamo quello che mangiamo» ((Cfr., R.A.Alves, cit., pp. 4-15; B.Saiu, cit., pp. 8-10.)).
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