“Volare oltre” con poesie in lingua materna di Nicola Loi

Martedì 30 giugno alle 21:00 – laboratorio linguistico sardo – appuntamento mensile di Su Nuraghe di Biella e l’altra parte dell’oceano in collegamento con il Circolo sardo “Antonio Segni” di la Plata (Argentina).

Cynara cardunculus“Voliamo assieme, cuore mio”
Questo l’invito del Poeta Nicola Loi di Ortueri (Nuoro), questo il monito cui attendere: volare col cuore.
Dove, nella parola cuore, è implicito – così l’etimo – lo stesso movimento del volare, lo stesso anelito di voler attingere a qualcosa….
Guardiamoci intorno – e dentro di noi.
È un mondo che cambia, che va non sappiamo dove né quando né, tanto meno! Perché.
Ma cambia, e noi siamo trascinati via con esso, come da un fiume in piena, tremendo e inarrestabile.
Dove il fiume ci porti, non lo sappiamo, ma percepiamo chiaramente che il mondo diverso che si affaccia al nostro reca con sé incertezza, ansia, timore. Non timore del nuovo, che non c’è ancora; non sappiamo cosa potrà essere questo nuovo né se mai ci sarà davvero. Timore, paura, insicurezza vengono proprio dal non sapere, e il non sapere scatena chiusura e rifiuto e angoscia. Su tutto si stende la solitudine che viene dalla diffidenza: una triste ruota perversa che gira a vuoto su se stessa, all’infinito; va e torna e rimesta la stessa paura, la stessa incertezza, la stessa, infinita, dolorosa insicurezza.
Allora, alziamoci in volo su tutte le malvagità che la pochezza e la stupidità provocano.
Smettiamo di cercare una ragione che spieghi questo nulla terribile, questo vuoto pauroso, questa miserabile meschinità.
La metafora del volo è chiara: è impossibile trovare una logica nel non senso dilagante, nella confusione reiterata all’infinito, nel martellante ritornello che, dal nostro smarrimento, ci vuole impauriti – e dunque pronti a credere – e facilmente influenzabili e dominabili.
E, allora, lasciamo tutto com’è e non preoccupiamoci più di quello che esce dalle teste malate e contorte dei meschini che offrono, sempre, soluzioni a tutto, purché il tutto torni a loro vantaggio; purché il tutto consista nell’approvare, nell’accettare senza riserve quanto vanno ossessivamente affermando.
Voliamo oltre, voliamo via, voliamo sopra le inenarrabili cattiverie di cui l’essere umano resta insuperato maestro. Voliamo con la speranza nel cuore e la sicurezza nella mente, che stiamo facendo la cosa giusta. Voliamo sperando e sapendo che anche sperare significa non solo attendere qualche cosa, ma anche andare verso quello che desideriamo. E la speranza vola, vola col nostro cuore, con la certezza che, se il cuore si alza in volo, la bruttura, la cattiveria, la meschinità resteranno basse, a terra: non sanno volare, loro!
Come il Poeta dice, quando invita lo sciocco ad usare lo scarso raziocinio che la pochezza gli consente: “ …e quello che scrivo considera”.
Voliamo, allora! Voliamo e copriamo il cielo con il nostro volo; scriviamo nel cielo il messaggio di speranza che in troppi attendono; siamo come un vento che riporta il sereno e la gioia, spazzando le oscure nubi della paura, dell’ansia, della solitudine!
“Voliamo assieme, cuore mio”.

Pietro R. Borenu


Bolu de ispera

A sos anghelos leamus sas alas,
E bolamus umpare, coro meu.
Pro nde leare cuddas oras malas,
Ch’atraessende sunt su mundu intreu.

Semus in mesu a totu sos errores,
Inghiriados dae milli males.
Ca si che sunt andados sos dutores,
E serradu nos ant sos ispidales.

E como semus che boes travados,
Fuinde cun a trazu sa cadena.
Pius famidos e disisperados,
No b’est pius sa bertula piena.

Ne criant e ne cantant sos puzones,
Cuddos chi nos poniant allegria.
Che sunt finidas cuddas pensiones,
Chi daiant pane a sa pitzinnia.

Coro meu! Cheria chi su ‘olu,
Torret a totus sa serenidade.
Pro nde leare su tristu lentolu,
Chi afliginde est sa sotziedade.

A totucantos at postu su frenu,
No ischimus comente la leare.
De noas malas su mundu pienu,
Ma no ant frimadu mai su gherrare.

S’omine at mezoradu medas cosas,
Ma no at aderetadu sa mirada.
Ca mancant sas bideas amorosas,
E pro su frade impitat s’ispada.

Unu mundu pienu de terrore,
Chi brujat benes pro sos armamentos.
No at ispesu mai pro s’amore,
Pro dare paghe e pius cuntentos.

Pro custa pesta mala, as pensadu?
Chi nos at postu a paris a dogn’unu.
E azis bidu, no at perdonadu,
Totue no connoschet a niunu.

Coro meu! Torramus car’a domo,
Nessi lassamus a totus ispera.
E tue presumidu pensa como,
E su chi iscrio oe cunsidèra.

Nicola Loi, 11 de lampadas de su 2020

Volo di speranza

Agli angeli prendiamo le ali,
E voliamo assieme, cuore mio.
Per portare via quelle ore cattive,
Che attraversando stanno il mondo intero.

Siamo in mezzo a tutti gli errori,
Circondati da mille mali.
Perché sono andati via i dottori,
E ci hanno chiuso gli ospedali.

Ed ora siamo come buoi impastoiati,
Fuggendo trascinando la catena.
Più affamati e disperati,
Non c’è più la bisaccia piena.

Non covano e non cantano gli uccelli,
Quelli che ci mettevano allegria.
Perché sono finite quelle pensioni,
Che davano pane alla puerilità.

Cuore mio! Vorrei che il volo,
Restituisca a tutti la serenità.
Per sollevare il triste lenzuolo,
Che sta affliggendo la società.

A tutti quanti ha messo il freno,
Non sappiamo come prenderla.
Di notizie brutte il mondo è pieno,
Ma non hanno smesso mai di far guerra.

L’uomo ha migliorato molte cose,
Ma non ha raddrizzato la mira.
Perché mancano le idee amorose,
E per il fratello adopera la spada.

Un mondo pieno di terrore,
Che brucia beni per gli armamenti.
Non ha speso mai per l’amore,
Per dare pace e più contentezza.

Per questa mala peste, hai pensato?
Che (ci) ha messo ciascuno alla pari.
E avete visto, non ha perdonato,
In ogni luogo non conosce nessuno.

Cuore mio! Portiamo la faccia a casa,
Almeno lasciamo a tutti la speranza.
E tu presuntuoso pensa adesso,
E quello che scrivo oggi considera.

Nicola Loi, 11 giugno 2020


Nell’immagine: Cynara cardunculus. Nome italiano: Carciofo selvatico, Carduccio, Cardoncello. Nome sardo: Cuguzzula, Cardureu, Calzofa areste (foto B. Saju 2004)

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