
Sabato 6 dicembre 2025, ore 21:00, nel Punto Cagliari del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe in
via Galileo Galilei, 11 – Biella: “il cammino del pellegrino metafora dell’esistenza nel racconto di Riccardo Pilloni” – Serata gratuita seguita da su cumbidu (rinfresco)
In quel Biellese, dove oltre seimila Sardi residenti hanno trovato una seconda patria, il
Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe si prepara ad accogliere una testimonianza che parla il linguaggio universale del cammino. È lo stesso linguaggio che da secoli attraversa l’Europa e giunge fino alle sponde atlantiche di Santiago di Compostela, ma è anche la eco lontana di un altro cammino: quello dell’emigrazione, dell’andarsene dalla propria terra, del cercare altrove senza mai dimenticare le radici.
Camminare e migrare hanno la stessa grammatica essenziale: si parte con poco, si lascia la familiarità del noto, si affronta l’incertezza dell’orizzonte. I pellegrini medievali attraversavano frontiere con lo zaino in spalla, così generazioni di Sardi percorrevano le vie dell’emigrazione verso il Piemonte industriale, recando seco non oro né ricchezze, ma valori: la solidarietà, il lavoro, la memoria di una terra madre mai rinnegata.
Un giovane sardo-biellese tra due cammini
Riccardo Pilloni, trent’anni, originario di Mottalciata, custodisce nel sangue quella duplice appartenenza che caratterizza la terza generazione dei Sardi nel territorio piemontese: le radici insulari del padre e la quotidianità delle montagne biellesi creano un’identità complessa e profonda. Socio attivo del Circolo Su Nuraghe, Riccardo ha scelto di arricchire la vita culturale della comunità sarda in terra biellese offrendo il racconto e le immagini di un’esperienza che ha segnato profondamente la sua esistenza.
La sua storia personale è intrecciata con quella storia più grande dell’emigrazione sarda che ha portato suo padre, come migliaia di altri, a lasciare l’Isola per costruire una vita nuova. Quel primo viaggio dei genitori e dei nonni trova una eco inaspettata nel pellegrinaggio di Riccardo verso Santiago. La sua è anche la storia di un uomo che ha guardato negli occhi l’abisso della cecità e ha trovato, nell’oscurità della malattia, una luce inaspettata.
Quando i medici pronunciarono quella sentenza terribile – “non vedrai più“ – qualcosa dentro di lui si spezzò, ma anche si ricompose in forme nuove. Grazie a un medico torinese che non si arrese alla diagnosi, la vista tornò, più nitida di prima. Eppure, quella prova lasciò un segno indelebile: la consapevolezza che l’esistenza quotidiana, con le sue routine meccaniche, stava consumando lentamente la sua essenza più autentica.
La chiamata del cammino
Il Cammino di Santiago può essere visto come una metafora della vita stessa, con i suoi alti e bassi, le sfide e i momenti di gioia. Per Riccardo, appassionato camminatore delle montagne biellesi e devoto della Madonna Nera di Oropa – presenza discreta ma costante nel suo percorso spirituale – quella chiamata silenziosa divenne più e più insistente col tempo. Da anni sentiva sussurrare dentro di sé l’invito a partire, a incamminarsi verso qualcosa di più grande, verso una meta che fosse insieme fisica e interiore.
Il 28 maggio 2025, quando pose il piede sul selciato di Saint-Jean-Pied-de-Port, l’antico borgo francese dove convergono i sentieri dei pellegrini, portava con sé un bagaglio leggero ma denso di significato: uno zaino che battezzò “Walter”, compagno fedele di un’avventura che sarebbe durata tre mesi. L’agitazione e l’euforia di quel primo giorno si mescolavano in un cocktail di emozioni che solo chi parte verso l’ignoto può comprendere davvero.
La terra sarda come compagna di viaggio
Il percorso più famoso è il Camino Francés, lungo circa 800 km, che normalmente viene percorso in circa un mese. Ma per Riccardo quei trentatré giorni di marcia ufficiale si dilatarono in un andare tra Spagna, Portogallo e, inevitabilmente, la Sardegna – spazio dell’anima che chiude idealmente il cerchio di ogni partenza e di ogni ritorno.
Sin dai primi passi, il nostro giovane pellegrino scoprì una verità antica quanto l’umanità stessa: camminare è molto più che muovere i piedi. È incontrare volti in ogni angolo del mondo, scoprire sorrisi che non chiedono nulla se non la gioia della condivisione e dell’aiuto reciproco. Il Cammino gli insegnò che si può viaggiare con il minimo indispensabile, che la leggerezza non è rinuncia ma liberazione.
E, proprio come gli emigranti sardi che partivano con in tasca un pugno di terra della loro Isola, anche Riccardo confessa che, lungo tutto il pellegrinaggio “c’è stata sempre un po’ di terra sarda” ad accompagnarlo. Non un peso nel suo zaino “Walter”, ma un’essenza invisibile, una bussola intima, quella casache ogni migrante ha dentro di sé. La Sardegna diventa così non un luogo da cui fuggire, ma una radice mobile, un’idea che viaggia, che si adatta senza tradirsi, che dialoga con il mondo senza smarrire la propria voce.
In questo senso, il pellegrinaggio di Riccardo riscrive in chiave contemporanea e personale l’epopea dell’emigrazione: non più fuga, ma itinerario verso la rinascita dell’anima, pur con lo stesso bagaglio, con la stessa capacità di creare comunità ovunque, di riconoscere nell’altro un fratello nel peregrinare.
L’essenza del pellegrino: dono e gratitudine
Lungo quelle infinite distese castigliane e galiziane, il giovane sardo-biellese scoprì una dimensione nuova dell’aiutare il prossimo. Ogni gesto di solidarietà veniva ripagato con un sorriso, un abbraccio, quella forma di gratitudine autentica che colma di commozione inspiegabile chi non l’ha vissuta sulla propria pelle. Le barriere linguistiche si dissolvevano davanti alla necessità comune, alla fraternità spontanea che nasce tra chi cammina lungo la stessa strada.
Quasi miracolosamente, il suo corpo non conobbe le sofferenze comuni ai pellegrini: nessuna vescica ai piedi, nessun dolore insopportabile alle gambe o alla schiena. Anzi, giorno dopo giorno, sentiva crescere dentro di sé una forza e un benessere che andava oltre il fisico. Ogni alba portava con sé l’eccitazione dell’ignoto, la curiosità di scoprire cosa quel nuovo giorno avrebbe riservato. Solo giungendo a Santiago comprese il perché di quella grazia: aveva camminato con fede nei propri passi, conservando in sé un’intera umanità di volti, storie, speranze.
Finisterre: dove il mondo finisce e ricomincia
E se ti trovi di fronte a un faro e a uno stivale di bronzo, sarai certo di essere arrivato a Finisterre e alla fine della via. Lì, dove gli antichi credevano terminasse il mondo conosciuto, dove l’oceano si apre all’infinito, Riccardo completò il suo pellegrinaggio francese. Lo attendeva, però, il Portogallo con nuovi sentieri, un nuovo andare, che dedicò a San Giacomo in segno di gratitudine per tutto il bene ricevuto.
Il cammino non si sceglie, lo si vive
Questa frase, mantra del giovane pellegrino, racchiude l’essenza profonda di ogni itinerario che sia anche ricerca interiore. Alla fine, il cammino di Santiago rappresenta la vita umana. Ogni uomo è, per essenza, “viator”, pellegrino. Non si tratta di decidere razionalmente una destinazione, ma di ascoltare una chiamata, di abbandonarsi al fluire degli eventi pur mantenendo salda la direzione.
Per Riccardo Pilloni, quello verso Santiago è stato il riflesso del percorrere più grande e complesso: quello dell’esistenza stessa.
Nella serata gratuita di sabato 6 dicembre presso il Punto Cagliari, il giovane socio del Circolo Su Nuraghe offrirà alla comunità un dono prezioso: la proiezione delle immagini raccolte lungo quegli ottocento chilometri percorsi questa estate, accompagnate dal suo racconto intimo e autentico. Questa testimonianza, che rappresenta un contributo significativo all’attività culturale del Circolo, consentirà ai presenti di vedere non solo paesaggi e volti di pellegrini, ma anche lo specchio della propria vita, con le sue sfide, le sue gioie, i suoi incontri provvidenziali.
Al termine della proiezione, su cumbidu – il tradizionale rinfresco – permetterà di prolungare la serata in un clima di convivialità, valori che Riccardo ha riscoperto lungo il Cammino e che sono il centro pulsante della comunità sarda.
Perché in fondo, come Riccardo ha imparato sulla sua pelle, i valori dell’amicizia, del partecipare e della vita autentica non sono concetti astratti: sono passi concreti sulla terra, polvere sui sandali, sorrisi scambiati con sconosciuti diventati fratelli: la consapevolezza di essere sulla via verso qualcosa più grande di noi stessi.
Per informazioni: Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe (Anna, 347 125 7464)
Email: info@sunuraghe.it – www.sunuraghe.it
Battista Saiu
Nell’immagine, locandina
