Medaglia d’argento a Rinaldo Fois, premiata la Sardegna emigrata

Rinaldo Fois
Rinaldo Fois ritratto nella sede di Su Nuraghe.

Biella, 29 settembre 2013 -In occasione della festa di San Michele Arcangelo, il Questore Salvatore Arena consegnerà, a nome del Capo della Polizia, la Medaglia d’argento a Rinaldo Fois di Selargius (Cagliari), Commissario della Questura di Biella.
Figlio di Efisio e Maria Atzeni, Rinaldo lascia la sua Isola il 1° settembre 1969. Frequenta la Scuola di Polizia a Brescia e, il 1° settembre dell’anno successivo, al termine del Corso, viene assegnato a Novara.
Sapevo che in Sardegna sarebbe stato difficile, impossibile, forse, tornare“, confida. Così, dal 1° febbraio del 1971, arriva, per caso, a Biella.
Nella sua Isola lascia gli affetti più cari, la mamma e il padre, dirigente alla “Genovese gomme” di Cagliari, con stipendio buono e garanzia per il futuro dei sette figli. Ma Rinaldo, abile nuotatore, voleva partire in Marina e provare ad attraversare il mare.
Giunto nella “Città della lana”, appena sceso alla stazione San Paolo, al taxista che lo accompagna chiede di fare un giro per vedere la nuova sede di destinazione. Impatto positivo con il verde del grande viale Roma, omonimo a quello maestoso di Cagliari sul quale, di fronte al mare, si affacciano i palazzi della Regione e del Municipio.
I servizi di vigilanza e di “volante” a cui viene assegnato gli permettono di conoscere ogni angolo della città; poi, per la familiarità con la macchina da scrivere, il passaggio agli uffici dove amplia la sua esperienza fino a conoscere tutti i meccanismi della Questura.
Vincitore di diversi concorsi, dal 1975 in poi compie tutti i passaggi di carriera fino ad essere promosso Commissario. Nel mentre, conosce e sposa Liliana, biellese la madre, bergamasco il padre; nascono due figli, Lorenzo ed Elisa.Continua a leggere →

I’m from Italy. I’m from Sardinia

Esemplare esperienza con la Sardegna dell’emigrazione di oggi – Quando la lingua, ‘sa Limba‘ si palesa «luogo extra-territoriale» – Intervista a cura di Gianni Cilloco

Valentina De Iacovo
Valentina De Iacovo.

La Lingua – e nel caso di specie sa Limba sarda – può costituire un vero e proprio «luogo extra-territoriale», un ambito di ricchezza destinato e destinabile non solo ad un preciso gruppo di origine e di appartenenza. Tale asserto si palesa tanto più vero oggi, nella nostra realtà attuale, in costante e tradizionale connessione al mondo delle migrazioni ed, in particolare, a quello della migrazione dei giovani contemporanei. Esperienze che coinvolgono identità e rapporti umani che, in quanto tali, sono straordinarie potenzialità e strumento rivelatore di come le diversità – sebbene lontano dalla propria “casa” di origine – siano concreta fonte di coesione, di cultura e di reciproco arricchimento, piuttosto che causa di ostacolo, di divisione e di diffidenza per individui e collettività, come – purtroppo – molta opinione interessata, ignoranza e superficialità comuni paventano.
Un caso concreto, a riguardo, ci viene offerto dalla storia di Valentina De Iacovo, recentemente proclamata dottore magistrale presso l’Università degli Studi di Torino – Facoltà di Lingue e Letterature Straniere. Corso di Laurea in Lingue e Letterature Moderne – con una Tesi dal titolo “La durata delle occlusive sorde del sardo campidanese: analisi fonetica di un campione di parlanti cagliaritani“. «Un lavoro frutto di una serie di positive coincidenze della vita», come Lei stessa ha sottolineato nei ringraziamenti finali al fondo del suo elaborato di studio.
26 anni, nata a Torino, genitori “continentali”, dopo un anno di progetto Erasmus in Francia, Valentina ha deciso di studiare e lavorare fuori dall’Italia. Da circa due anni vive a Londra – Inghilterra -, città ove ha lavorato dapprima come assistente di lingua in una scuola inglese e, successivamente, in una scuola francese. Abbiamo deciso di intervistarla per raccontare la sua esemplare e curiosa esperienza con la “Sardegna dell’emigrazione” di oggi.Continua a leggere →

Sapori di Sardegna, dolce appuntamento a Biella e a Pettinengo

LocandinaSabato 28 settembre, alle ore 21, “Sapori di Sardegna” dolce appuntamento al Circolo Culturale Sardo di Biella con illustrazione della ricetta e degustazione.
Antonietta Ballone, Consigliere di Su Nuraghe, presenterà “sos papassinos incappados“, variante festiva dei diffusissimi dolci preparati in Sardegna durante la stagione autunnale, a ridosso delle festività dei morti; dolci diffusissimi che devono il nome all’uvetta, “sa papassa“, edulcorate a cui è possibile aggiungere sapa e miele, arricchiti con noci, nocciole o mandorle, a seconda delle zone e della disponibilità nella dispensa domestica. L’elemento festivo è dato da “sa cappa“, la glassa bianca adornata di “diavolini” di zucchero dai colori assortiti, segno di buon auspicio, antico rimando al rifiorire controritmo delle tombe nel periodo autunnale.
L’appuntamento anticipa nel gusto i dolci che verranno serviti l’indomani, domenica 29 settembre, alle ore 12.30, nella chiesa di San Grato e Sant’Eusebio di frazione Gurgo di Pettinengo, durante il pranzo benefico servito all’interno dell’edificio sacro.
A Pettinengo, oltre ai “papassinos incappados” di Antonietta Ballone, saranno offerti sos mustazzolos, i mostaccioli, dolci nuziali il cui vocabolo deriverebbe dal mosto cotto speziato che li caratterizza. Con lo stesso nome, ma con varianti e ingredienti diversi, i mostaccioli li ritroviamo nella Penisola italiana, inseriti in altro contesto del calendario della vita, attestati, fin dall’antichità, sugli altari degli dèi quali offerta votiva.
La forma di losanga, che caratterizza “papassinos” e “mustazzolos” sardi, è presente nella “ficla” di Gubbio, nome che identifica la torta nuziale romboidale dal cui etimo deriverebbe il termine volgare corrispondente alla natura femminile. Durante le nozze, la rottura, il taglio della torta a forma di rombo, significava la perdita della verginità e la successiva auspicata procreazione. Nel tempo presente, dimenticati gli antichi significati beneaugurali, permane il gesto inconsapevole degli sposi che tagliano congiuntamente l’immancabile torta nuziale alla fine del banchetto.Continua a leggere →

Il Papa ai Sardi: Sono figlio di emigrati, conosco la vostra sofferenza

Papa Francesco per le vie di Cagliari
Papa Francesco per le vie di Cagliari.

Domenica 22 settembre, nuova storica visita di un papa in Sardegna: il quarto in pochi anni. Prima di lui, Benedetto XVI, nel 2008; Giovanni Paolo II, nel 1985; Paolo VI, nel 1970.
Per l’occasione, Cagliari si è tinta di giallo e di bianco, con bandiere vaticane e l’effigie pontificia a finestre e balconi. Papa Bergoglio è stato accolto sul sagrato di Bonaria dal governatore dell’Isola, Ugo Cappellacci, con il saluto ufficiale in ‘Limba’: “Santidadi, Deu si du paghiri” (Dio vi renda merito, vi ripaghi, papa Francesco) e “Nostra Segnora de Bonaria bos acumpanzet semper in sa vida” (Nostra Signora di Bonaria vi accompagni sempre per tutta la vita).
La città, l’Isola intera, dentro e fuori la Sardegna, ha atteso con speranze l’arrivo del nuovo papa.
Anche da Biella, alcuni Soci di Su Nuraghe si sono imbarcati venerdì sera per unirsi ai conterranei, altri erano già partiti nei giorni precedenti. Una partecipazione corale, a volte prosaica, come lo striscione apparso su un balcone lungo il tragitto: “Papa Cecco, sali e prendere 1 caffè?“, ricambiato dal gesto di bere il caffè da parte del pontefice, a significare, anche in questa corrisposta espressione popolare, l’affetto dei Sardi verso un papa che, come loro, ha conosciuto la pena del distacco dalla propria terra. “Sono figlio di emigrati, – ha affermato Francesco al suo arrivo in Largo Carlo Felice, dopo aver ascoltato le testimonianze del mondo del lavoro, un operaio disoccupato, una imprenditrice cooperativa e un pastore – è per questo che vi posso capire perché conosco la vostra sofferenza“.Continua a leggere →

Carasau e Cannonau di Sardegna in dono a fra’ Angelo Manzini

Padre Angelo Manzini e fra' Giovanni Maria Arnaldi
Padre Angelo Manzini e fra' Giovanni Maria Arnaldi accolgono sulla porta principale del Tempio civico della Città di Biella dodici rappresentanti di Su Nuraghe.

Una rappresentanza della Comunità dei Sardi di Biella è stata accolta da fra’ Angelo Manzini, nuovo padre guardiano del convento francescano e della Basilica di San Sebastiano, Tempio civico della Città di Biella.
Si sono presentati in dodici, nei loro abiti tradizionali della festa e con i segni identitari della loro terra di origine, affidando, anche alla simbologia dei numeri, il loro messaggio augurale per la buona missione di frate Angelo che guiderà la Comunità francescana biellese, attualmente composta da frate Epifanio, fra’ Giuseppe e il nuovo confratello giunto in città, fra’ Giovanni Maria.
In dodici, forse non a caso, guidati dal presidente Battista Saiu, si sono recati a San Sebastiano: la dozzina, infatti, identifica il ciclo completo, l’ordine cosmico; 3×4 coincide sia con l’ordine spirituale che con quello temporale, l’esoterico e l’essoterico. Dodici sono i mesi dell’anno, i segni dello Zodiaco, le ore del giorno e della notte, gli Apostoli, i frutti dello Spirito e quelli dell’Albero della Vita. Dodici sono le stelle sul capo della Vergine e quelle della Bandiera europea, le Tribù di Israele, i figli di Giacobbe, le gemme del pettorale di Aaron, i cancelli e le pietre angolari della Città Santa.
Nel dono di pane e vino (carasau e cannonau di Sardegna), il primo condivide il simbolismo del grano, in quanto fertilità, nutrimento e vita; simbolo di unione, in quanto contiene molti grani in una sola sostanza e, quando viene spezzato e diviso, rappresenta la vita condivisa ed unita; cibo del corpo e dell’anima, vita visibile e manifesta, simbolo di unione che rimanda al pane sacramentale, a Cristo «il pane della vita», in unione con il vino, intimamente uniti e correlati già nel mondo antico.Continua a leggere →