Pregare in Sardo e in Piemontese a Biella per “trasmettere, lasciare in eredità”

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In chiusura del mese mariano, Sardi e Piemontesi si sono incontrati a canton Gurgo di Pettinengo nella chiesa intitolata ai Santi Grato di Aosta ed Eusebio da Cagliari per pregare la Mamma celeste nelle rispettive lingue materne.

Nella seicentesca aula dell’antico oratorio, restaurato da “Su Nuraghe” di Biella con il generoso concorso della popolazione locale, sono riecheggiate preghiere nelle varianti linguistiche ancestrali stabilendo un contatto diretto, più intimo con la divinità e con i santi intercessori, accogliendo e mettendo in pratica le indicazioni di papa Francesco che invita fedeli e catechisti a trasmettere “La vera fede con il dialetto della vicinanza”.

Durante tutte le sere del mese di maggio la preghiera è stata guidata dal diacono Elio Ceresa che ha così assunto il ruolo di“buon Pastore” che, secondo gli insegnamenti papali, deve avere “l’odore delle pecore”.

Alle poste di “su Rosariu cantadu”, “il Rosario cantato” nella forma tradizionale isolana, si sono alternate quelle in piemontese. Questa modalità biellese di pregare si è rivelata un unicum nel panorama devozionale-linguistico: forma in grado di favorire nuovi approcci di socialità e di Fede all’insegna della tradizione. Tradizione nei canti e nelle orazioni, ma anche in “su cumbidu”, il consueto rinfresco con specialità sarde e piemontesi: un complesso materiale e immateriale – fatto anche e non solo di gesti e di parole – che dà  concretezza al significato del verbo latino “trādĕre”, da cui deriva, e che, qui, attinge il molteplice significato di “consegnare, tramandare, trasmettere, narrare, riferire, lasciare in eredità”.

Salvatorica Oppes

Allegato: Fedeli a Canton Gurgo di Pettinengo

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