Legami antichi tra Sardi ed Etruschi

5 maggio: conferenza di Alessandro Sanna al circolo
Signori dei mari e ammiratori dei Greci, rivivono oggi nella mostra di Palazzo Grassi

Loro si chiamavano Rasenna o Rasna, ma il nome con cui erano più conosciuti era quello dato dai Greci: Tyrrhenòi o Tyrsenòi, cioè Tirreni. Da loro ha preso il nome il mare, dal mare ha preso il nome la Tirrenia che per noi è sinonimo di viaggio in mare e di Sardegna.
Ebbene l’etimologia di Tirreni da Tyrrhis, tyrsis = torre, cioè “costruttori di torri”, la dice lunga sulle affinità tra gli Etruschi (Tirreni, Tirseni, Tusci, Etruschi) e gli antichi Sardi nuragici.
La comunanza è citata dal geografo e storico Strabone, fonte autorevolissima e millenaria.
Ecco perché non ci stupiremo quando vedremo i nostri bronzetti tra i corredi funebri esposti a Palazzo Grassi, istituzione culturale del Gruppo Fiat a Venezia, ove una grande mostra li presenta al mondo.
Molti erano i legami tra i Nuragici e i Rasna: la probabile comune discendenza dalla stessa zona dell’Asia Minore (la Lidia, antica Meonia), la comune abilità metallurgica, le tante attinenze linguistiche, così come sostenuto dai linguisti e filologi isolani e continentali, la comune capacità di andare lontano sul mare, e non solo in cerca di stagno.
Allora non era ancora diventato proverbio il detto “furat chie venit de su mare” (ruba chi arriva dal mare); non erano ancora padroni i Cartaginesi e i Romani.
I Rasna, gli Etruschi erano nostri alleati, amici; i loro bronzetti erano comuni a Posada, a Neapolis nell’Oristanese e altrove. I Nuragici, liberi e forti, erano padroni del loro mare e della loro terra; le loro ceramiche si ritrovavano a Oriente, le loro navi commerciavano lontano e i loro guerrieri erano temuti e rispettati come la civiltà che diffondevano.
A Venezia conosceremo il mondo di questo popolo amico, dove e come viveva, in cosa credeva.
Forse scopriremo qualche riferimento con “su connottu“, con i visi, l’atmosfera di una delle prime terre di là dal mare.

Alessandro Sanna

Ricordo di Ermanno Strobino

A cinque anni dalla scomparsa, conversazione con Franco Piras
Sabato 7 aprile appuntamento al Circolo

Scusa se ti rubo qualche minuto, ma il nostro Circolo ha deciso di dedicare una serata alla memoria dell’Ing. Ermanno Strobino. E abbiamo pensato a te, cui sei stato sempre molto legato, quale relatore. Spero che tu accetti volentieri la proposta!
Era questo, più o meno, il tenore della telefonata ricevuta alcuni mesi fa dal presidente del Circolo “Su Nuraghe”, Battista Saiu.
Posto di fronte alla prospettiva di poter ricordare pubblicamente e all’interno del Circolo l’amico Ermanno, a distanza di quasi cinque anni dalla sua scomparsa (è mancato tragicamente il 18 maggio del 1996, alla soglia dei 55 anni), ho risposto di si, con entusiasmo.
Solo qualche ora più tardi, riflettendo sulla proposta, ho avuto molti ripensamenti e tanti dubbi, tra cui il sospetto di non essere affatto in grado di sostenere un ruolo così importante e gravoso, per quanto gratificante. In fin dei conti il presidente Saiu mi chiedeva soltanto di ricordare, davanti ai soci della nostra Associazione, che mi auguro numerosi, una persona cui sono stato (e lo sono ancora, malgrado Ermanno non sia più fisicamente tra noi) molto legato per tantissimi anni. Di una persona che, con me e con moltissimi soci di Su Nuraghe, ha condiviso molti momenti di allegria e di spensieratezza, all’insegna di quello che era il “grande amore” per la Sardegna. Si perché Ermanno, ligure di origini e biellese di adozione, amava la nostra Isola come e più dei sardi.
Nell’Isola, Ermanno e i suoi cari, famigliari e amici, tornava ogni qual volta il tempo e il lavoro glielo con consentivano.
E quando non gli era possibile farlo addolciva la struggente nostalgia che l’attanagliava per la terra, i profumi e i sapori sardi, parlandone con i tanti conoscenti e amici isolani immigrati nel biellese (molti erano suoi dipendenti nell’azienda cossatese di sua proprietà, l’ex Tinval), frequentando i sardi cui era legato maggiormente, telefonando ai tantissimi amici conosciuti in Sardegna durante gli anni di insegnamento dedicati ai bambini residenti in molti piccoli e sperduti centri della Barbagia.
Per dare un senso ancora più concreto alla sua “sardità”, Ermanno non aveva esitato a far nascere uno dei suoi tre figli (Paolo, Fabrizio e Riccardo) in una clinica sarda.
Un “amore” profondo e sincero che lo aveva portato a circondarsi di molti oggetti sardi, che facevano bella mostra di se nella sua casa e nel suo ufficio, a consumare tutte le volte che gli era possibile i prodotti dell’Isola, a dare una mano concreta alla costituzione dell’Associazione dei sardi, nel lontano 1978, e alla successiva costruzione dell’attuale splendida sede del Circolo “Su Nuraghe” (grazie anche alla generosa disponibilità dell’allora sindaco di Biella, avvocato Luigi Squillario, altro grande amico della Sardegna e dei sardi, che donò in comodato quasi gratuito i locali di Via Galilei), all’organizzazione di tantissimi incontri e convegni, tra cui gli indimenticabili festeggiamenti del 1988, per il decennale del Circolo, dove si presentò orgogliosamente vestito con uno stupendo costume sardo. In quell’occasione, a Biella Fiere, davanti a quasi 5 mila persone, a Ermanno, quale presidente onorario di Su Nuraghe, venne consegnato un piccolo nuraghe in onice. Più che un regalo si trattò di un gesto di affetto e di riconoscenza, che accettò con entusiasmo, tanta commozione e persino qualche lacrima di gioia.
Ecco, detto così il compito che mi aspetta sembra davvero facile. Ma la realtà potrebbe essere decisamente diversa quella sera quando, nell’atmosfera del nostro Circolo, sicuramente impregnata di tanti ricordi, e al cospetto dei molti ospiti che interverranno, tra cui tanti soci, i famigliari e gli amici, l’emozione potrebbe anche impedirmi di essere lucido quanto basta per ricordare Ermanno quanto e come merita.
Spero di essere all’altezza, anche se non sarà facile.

Franco Piras

Gianpasquale: “La poesia mi ha aiutato a vincere il dolore”

Continua la gara di generosità nel Biellese: consegnati alla famiglia Cossu i primi 15 milioni raccolti

Continua la raccolta di fondi in favore di Gianpasquale Cossu, il giovane di origine sardobiellese colpito da leucemia mieloide cronica. Il Circolo si è mobilitato fin da subito per questo sfortunato ragazzo la cui famiglia versa attualmente in difficili condizioni economiche anche a causa delle costose cure che Gianpasquale deve affrontare dopo il trapianto di midollo effettuato nei mesi scorsi a Pavia. Oltre a Su Nuraghe, che ha raccolto finora 8 milioni, per Gianpasquale si sono mobilitate anche le sedi di Biella e Cossato del Liceo scientifico: grazie alla generosità degli ex compagni di studi al giovane sono stati consegnati nei mesi scorsi ben 7 milioni. Continua inoltre la vendita, presso la libreria “Arte viva” e Aglaia di Biella, del libro Verso il Nulla, una raccolta di poesie scritta dal giovane malato acquistando la quale si potrà contribuire direttamente alle cure necessarie per guarirlo.
Ricordiamo infine per chi volesse contribuire effettuando un versamento che è sempre aperto il conto corrente bancario.

Fotografi biellesi in Sardegna

Sesto Calende (Varese), nuova tappa della mostra di Vittorio Besso, Vittorio ed Erminio Sella
Presentata nel 1994 a Biella, verrà inaugurata sabato 24 marzo nello “Spazio Cesare da Sesto”

Lo scenario de i “Piani”, dove numerosi ragazzi di Olmedo prestavano la propria opera durante le vacanze scolastiche, si faceva molto pittoresco nella bella stagione: il verde che fino al giorno prima predominava, di colpo s’attutiva; la vigna si andava lentamente colorando di un bel celeste. Era come un mare di foglie azzurre che di giorno in giorno cresceva, si estendeva di filare in filare al ritmo del braccio e della macchinetta con la quale tiu Remundu pompava sulle foglie il solfato di rame, macchinetta che io badavo puntualmente a rifornire andando avanti e indietro munito di un barilotto della capienza di circa dieci litri, per levargli l’incomodo di ritornare ogni volta dal filare al contenitore, un vecchio fusto di benzina riadattato alla bisogna, collocato nella stradina della fontana presso la quale lo zio usava miscelare la polvere azzurra e l’acqua.
In tali momenti avrei voluto essere come lui, ragno di vigna, tessitore d’intrecci e pittore: avrei voluto dipingere i filari, il regno nuovo e colorato d’azzurro nel quale non doveva attecchire la fillossera.
Avrei desiderato indossare la sua armatura, tenere in spalla come lui la macchinetta del solfato di rame, vestire l’abito sdrucito colorato di celeste; avrei voluto essere anch’io un crociato di Bacco perennemente in lotta contro la disperazione umana e la sua peronospora, il fungo che attacca le foglie della vite impedendo alla pianta di respirare e di portare a maturazione l’uva da macinare, da cui tiu Remundu sapeva ricavare il nettare gustoso e inebriante che tutto il paese gli invidiava.
Terminata la vendemmia le mescolava tra loro, le pigiava le sue uve con la sola pressione dei piedi, trasformando il cannonau, il pascale, il cagnulari misti a nasco, cabernet, moscatello e vermentino in ottimo vino, il migliore della zona, di cui andava fiero e orgoglioso e che a suo parere era un vero toccasana per tutte le malattie.
Lo spettacolo più bello che offriva la veduta dall’alto del nuraghe era proprio la vigna di tiu Remundu. Visti di lassù, i filari e la stradina che tagliava la vigna in due parti rettangolari esattamente uguali formavano delle linee quasi perfette: sembravano righe vergate dalle mani esperte di un eccellente calligrafo sulla pagina di un grosso quaderno. Il maestrale ci aggiungeva del suo piegando verso destra gli alberelli di vite, così da imprimere ai fondi e ai filari allineati come righe sulle due pagine un carattere particolare, un tratto d’antica stampa, e l’effetto plastico del movimento, che suggeriva il lieve e armonioso ordine naturale e contrassegnava l’opera più impegnativa realizzata da tiu Remundu durante la sua vita. Da quelle osservazioni modificai la calligrafia e mi risolsi definitivamente a scrivere frasi e parole reclinando leggermente vocali e consonanti verso destra. Così, anche i miei quaderni, con un po’ di fantasia, cominciarono a somigliare alla vigna e le righe ai filari ordinati dove lui s’aggirava, zappa a tracolla, come uno gnomo.

Nunzio Isoni

Nuovo libro sul ricetto di Candelo: Il Castello che non c’è

Sinnos: contributo della comunità sarda alla storia locale del Biellese
Il Circolo Su Nuraghe pubblica l’importante lavoro scientifico di Federica Chilà

Verrà presentato il 21 aprile a Candelo il libro di Federica Chilà “Il castello che non c’è. L’immagine del ricetto di Candelo tra suggestioni romantiche e ipotesi di riutilizzo“.
Nato come tesi di laurea in Lettere moderne questo lavoro rappresenta il primo anello della nuova collana editoriale “Sinnos” che verrà presentata il 18 maggio al Salone del libro di Torino. Alla serie di pubblicazioni dedicate ai ricordi “ammentos” della lontananza operosa è infatti tempo che si affianchino ora i segni “sinnos” della presenza attiva in questa provincia di Piemonte. La terra d’adozione diventa la propria terra non solo perché si è nutriti dai suoi frutti, ma perché si partecipa alla sua vita con il lavoro, con la condivisione dei compiti della vita civile, con l’apporto del meglio della propria cultura che, fondendosi con quella ospite, crea intrecci inaspettati e fecondi di idee.
Cultura è coltivare insieme giorno per giorno presente e futuro, ricordare la storia comune, conoscere per capire e per farsi capire meglio.
I Biellesi, gente fiera al punto di costruire un ricetto per difendersi dallo strapotere dei signori feudali, sono divenuti parte integrante dei luoghi che li hanno accolti in tutto il mondo e ne hanno apprezzato la laboriosità e l’efficienza.
Allo stesso modo i Sardi, costretti a emigrare, sono presenti nel Biellese con il ricordo della loro amatissima Isola, fatta conoscere in quanto di meglio ha espresso.
La nuova collana si apre dunque con un’opera significativa, per il contenuto, riguardante uno dei luoghi più affascinanti del territorio, simbolo di forza e di libertà di popolo, per l’autrice, giovane, ma da tempo amica fraterna e collaboratrice del Circolo “Su Nuraghe” e di quanto esso esprime anche grazie alla sua collaborazione intelligente e cordialmente partecipata.
Federica Chilà e le sue cronache di vita sardo-biellese sono infatti un appuntamento ricercato e abituale per i soci del Circolo. Un appuntamento che ha seguito molto del nostro cammino in terra di Piemonte, annotato e diffuso con simpatica attenzione.
Ora l’Associazione dei Sardi di Biella è lieta di onorare insieme lei e il suo lavoro di laurea sul ricetto di Candelo, un luogo “magico” per chiunque abiti il Biellese e che spesso negli ultimi anni si è trasformato in un lembo di Sardegna grazie alla fusione tra due culture e alla condivisione di intenti culturali e spirituali di cui l’opera della Dottoressa Chilà è il primo “segno”, cordialmente beneaugurale.
L’opera, a disposizione a partire dal mese di aprile presso il Circolo, è illustrata da un’altra giovane, ma già assidua collaboratrice di Su Nuraghe, la brava artista Irene Rossi, che per il libro ha realizzato un’originalissima copertina ispirata ai contenuti dell’opera che analizza i diversi mutamenti dell’immagine del ricetto di Candelo nella percezione collettiva.
In particolare hanno ispirato l’artista biellese, specializzata in illustrazioni per l’infanzia, quegli elementi legati al Medioevo fantasy che negli ultimi anni si sono sovrapposti all’immagine del ricetto: nei suoi acquerelli dunque prendono vita elfi e fate, dame e cavalieri, cavalli bianchi e castelli così finti da sembrare veri, il tutto sullo sfondo di un Medioevo mai così amato e ricercato come in questi tempi “moderni”.

Battista Saiu