Due appuntamenti di Su Nuraghe: su rosariu cantadu e la Gran favata

Sabato 2 febbraio, alle ore 21, nelle sale del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, Pina Serra Corongiu ha presentato “sos culungiones de bentu”, dolce tipico del Carnevale sardo, illustrando la ricetta e le diverse fasi di lavorazione.
Il saluto della Città di Biella è stato portato dall’Assessore alle Pari Opportunità Nicoletta Favero.
Graditissima la degustazione della specialità.
Un altro appuntamento di Carnevale di Su Nuraghe è in programma sabato 9 febbraio alle ore 20 per la “Gran favata” piatto della tradizione contadina isolana.
Venerdì 8 febbraio, alle ore 20, ci fermeremo per ricordare la recente scomparsa di “zio Agostino Angotzi”.

L’appuntamento è nella chiesa di San Carlo a Pavignano, ospiti del parroco don Petru Nicu, guidati dal cappellano di Su Nuraghe don Ferdinando Gallu che terrà la catechesi in “Limba”.
Intoneremo Su Rosariu cantadu e sos Gosos de N.S. de Oropa.
Incontro di suffragio per zio Agostino e per tutti coloro che sono morti lontano dalla terra in cui sono nati.

Agostino Angotzi

Padre ed emigrante, minatore e artista. Un uomo dalle molte anime che si mescolano nel creare una figura umana insieme forte e delicata, figlia di quel dualismo che da sempre caratterizza e accompagna chi ha lasciato la propria terra per l’ignoto portandone con sé una parte, un seme che germinando altrove spesso ha saputo dare frutti inaspettati. Lo scontro della diversità, col suo rinnovarsi sempre inedito, genera meraviglie.

Agostino Angotzi è stato un uomo che ha lottato sempre. Dopo quindici anni di miniera a Carbonia, come “sfonda pozzi”, la più dura tra le massacranti mansioni del minatore, quando pareva aver trovato un’occupazione più serena presso il comune di Senisi, è costretto ad emigrare. La storia è quella – terribile – che tutti conosciamo: il lavoro scarseggia, la gente se ne va.

Un nipote gli aveva parlato di Biella, dove, si diceva, il lavoro non mancava per chi aveva voglia di darsi da fare come lui che, il 3 gennaio 1961, lascia il suo paese con la moglie e quattro figli, verso una vita nuova.

A Biella è solo famiglia e lavoro. Sempre. Non c’è tempo per trovare amici o cercare gli altri sardi immigrati in città.

Impiegato presso le officine Rolando di Chiavazza viene licenziato dopo qualche mese per un principio di silicosi. La miniera ancora, che ti segna anima e pelle. Ma Agostino non può darsi per vinto: lavora come muratore fino a quando l’inverno non si fa troppo rigido per la sua salute, poi in una sfilacciatura, quindi al Grill Bar. Fino ad entrare alla Blotto Baldo come magazziniere, dove resterà per dieci anni, prima di mettersi in proprio e lavorare come muratore fino al 1988, portando a Biella aspetti tipici del costruire isolano: crea infatti una ventina di forni sardi a cupola, tra cui quello di Su Nuraghe.

Ma accanto ad una vita spesso dura, Agostino coltiva una passione delicatissima, figlia della pazienza e della tradizione: l’arte dell’intrecciare cestini. Dall’età di sette anni, quando vide un parente costruire un piccolo cesto, il rito – catartico – dell’intreccio lo accompagna e non c’è tribolazione che possa fermarlo. Dalle sue mani nascono piccoli e grandi capolavori, ovunque apprezzati, facendosi maestro nelle attività di intreccio organizzate dal Circolo Su Nuraghe, l’Associazione sardo-biellese che con altri amanti dell’isola di pietra ha voluto costruire.

Presente sempre agli appuntamenti di Su Nuraghe fintanto che le forze glielo hanno consentito, frequentava assiduamente il suo angolo di Sardegna costruito ai piedi delle Alpi, pronto a tirare fuori da una tasca un foglietto con le immancabili ottave di saluto. Le ultime le ha volute leggere un anno fa. Sapeva che forse era quella l’ultima volta. Con sguardo fiero ci ha guardato in volto declamando i suoi ultimi versi.

Battista Saiu


Nelle immagini: locandina della Gran favata e alcuni momenti della serata.

locandina

culungiones

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