Biblioteche, tesoro di comunità e di integrazione

La biblioteca Su Nuraghe partecipa ad Ottobre, piovono libri 2010. I luoghi della lettura – mese dedicato al libro – le biblioteche sono la nostra storia e il nostro futuro, la “culla” dove «ogni cultura, attraverso le parole, continua ad appartenerci».

inaugurazione biblioteca diocesana
Biella, inaugurazione Biblioteca diocesana, sala di lettura: mons. Delmo Lebole e Biagio Picciau, ritratti tra le bibliotecarie Antonella Iacono e Stefania Santà, Patrizia Bellardone e il can. Giuseppe Bona.

La recente inaugurazione della Biblioteca Diocesana di Biella e l’iniziativa locale, ad impulso civico, intitolata Ottobre, piovono libri 2010. I luoghi della lettura, offre l’occasione per qualche riflessione sullo stato attuale del mondo dei libri e dell’accessibilità della cultura a più persone possibili. Tanto più in una città che ha visto storicamente la famiglia Sella, soprattutto con lo statista Quintino, promotrice dell’apertura e dell’incentivazione del servizio della locale Biblioteca Civica1.
Un grido d’allarme ed, insieme, alcuni raggi di speranza, scuotono ed illuminano l’attuale quotidianità del panorama culturale nostrano. Un contesto nel quale, a parte le occasioni estemporanee di buona volontà e di generosità privata che «fanno di necessità virtù», l’impoverimento intellettuale generale si delinea essere una pericolosa e costante prospettiva cui porre doverosamente rimedio.
Le Biblioteche pubbliche, luogo di cultura e, oggi, possibile “piazza” di integrazione2, sono sempre più sottoposte alla mannaia dei tagli ai bilanci degli Enti Locali, nonostante i sacrifici economici già patiti negli ultimi tre anni3. E ciò nonostante «le biblioteche di quartiere siano (n.d.r.) le vere biblioteche, dove va la gente che lavora, sono il maggiore investimento in cultura che possa fare una comunità», come segnalato da Angelo Guglielmi, critico letterario4.
Mauro Guerrini, Presidente dell’A.I.B. (Associazione Italiana Biblioteche), ha affermato, in relazione a ciò, che «non è solo un problema di aggiornamento culturale, ma di democrazia. Le biblioteche sono i luoghi della socialità, dell’integrazione, della ridistribuzione del sapere. In un piccolo centro sono spesso l’unica risorsa contro il “digital divide”, in una città offrono un punto d’incontro fra generazioni e culture. Strozzarne la vitalità danneggia tutta la società, non è solo un fastidio per i lettori. Guai a superare la soglia critica5».
Infatti, come accennato, sempre più biblioteche sono frequentate da stranieri e, in particolare, da extracomunitari. In esse differenti etnie si incontrano con l’opportunità di scambiarsi racconti, consigli sulla vita, sulle letture e sulla cultura dei rispettivi paesi. Ivi è possibile organizzare incontri, spettacoli, iniziative e dibattiti. Talora, in alcuni centri, sono persino presenti bibliotecari extracomunitari affianco a sistemi e progetti di incentivazione per aiutare gli stranieri a orientarsi nel “mare magnum” delle proposte letterarie. Inoltre, se i lettori italiani sono in calo, negli ultimi dieci anni gli utenti stranieri, specie nelle grandi città, sono addirittura decuplicati, specie nelle periferie6, un successo che ha contribuito, almeno finora, a salvare il sistema delle biblioteche rionali dalla chiusura decretata per altri servizi pubblici e che stimola nuovi progetti per allargare ancora il giro dei frequentatori. Silenziosamente, in questi anni la biblioteca di quartiere è passata, sempre più spesso, dall’essere semplice centro culturale a luogo di ritrovo, una finestra sul mondo, punto di accesso al sapere nelle sue forme variamente articolate, in tutti i contesti culturali7.
Qualche amministratore pubblico, messo di fronte alla situazione di crisi, risulta non essere pienamente consapevole della gravità delle scelte “di taglio” quando afferma paradossalmente, con un “candore” sconcertante, come segnalato da alcuni organi di informazione: «Chiedono ancora libri? Ma non glieli abbiamo già comprati l’anno scorso? Cos’è, li hanno già letti tutti?8». Ed un palliativo, seppure già riscontrabile in passato9, appaiono i fenomeni, sempre più in crescita, che vedono diversi virtuosi cittadini reagire regalando i propri libri ai siti di pubblica lettura, onde saziare «come drogherie all’angolo, la fame di pagine di alcuni milioni di italiani10».
Le biblioteche sono la nostra storia11 e il nostro futuro, «è un bene che dobbiamo semplicemente amministrare, per le generazioni che verranno soprattutto, per gli studiosi di domani a cui provocheremmo un danno. La biblioteca è un corpo vivo, che va alimentato ogni giorno12>». Mons. Angelo Bagnasco, Presidente della C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) ha dichiarato, intervenendo all’ultimo Salone del Libro di Torino, che «il libro, testimone autentico del passato, diventa, nella lettura intelligente, protagonista di attualità13». Le biblioteche, infatti, con i loro scaffali carichi di volumi, possono essere quella “culla” dove «ogni cultura, attraverso le parole, continua ad appartenerci, vive ogni giorno nel nostro presente, celata tra le pieghe delle parole14». Anche l’italianista Ezio Raimondi, presentando una sua recente opera, ha segnalato che la lettura dei libri ha lo scopo «… di fornire ai ragazzi un lessico più ampio. Si vorrebbe che dopo la lettura restassero parole, e con le parole concetti e aperture sul passato e il presente15».
A maggior ragione, si potrebbe dire, in un’epoca di strisciante e diffusa povertà linguistica, perché, come ha detto il filologo e critico Piero Boitani, «si campa ma si vive meno bene perché il linguaggio è anche godimento. Senza quest’ultimo ci sono conseguenze negative anche sul lavoro. E non solo in quello connesso con la comunicazione. Ma anche, per esempio, negli affari e nell’ingegneria16». Un inquietante riflesso che rimanda ai campanelli d’allarme lanciati dalle “utopie” negative risalenti alla metà dello scorso secolo, quando Aldous Huxley, con il suo romanzo intitolato Brave New World17, immaginava un futuro edonistico nel quale i libri erano inaccessibili salvo che ai più rilevanti governanti, e George Orwell, a corollario del suo “1984“, scriveva un arguto saggio su “I principi della neolingua, idioma essenziale ed abbreviato atto a suscitare meno domande e pensieri possibili in encefali ottusi”.

Gianni Cilloco

  1. Cfr. P.Bellardone, Le biblioteche biellesi, in F.Malaguzzi (a cura di), Memoria del tempo. Tesori di carta al chiostro, Sandro Maria Rosso, Biella 1998, p. 47. []
  2. Cfr. Z.Dazzi, La biblioteca è multietnica e tutti sono cittadini nella repubblica dei lettori, in La Repubblica. Milano Cronaca, 29 Settembre 2010. []
  3. Cfr. M.Smargiassi, Le biblioteche senza libri. “Uno sponsor o si muore”, in La Repubblica, 6 ottobre 2010. []
  4. Cfr. M.Smargiassi, cit. []
  5. Cfr. M.Smargiassi, cit. []
  6. Cfr. Z.Dazzi, cit. []
  7. Cfr. Z.Dazzi, cit. []
  8. Cfr. M.Smargiassi, cit. []
  9. Si pensi alla emblematica donazione di Giuseppe Venanzio Sella alla Città di Biella narrata in: P.Bellardone, cit., p. 47. []
  10. Cfr. M.Smargiassi, cit. []
  11. Per il caso Biellese si rimanda ai vari saggi contenuti in: F.Malaguzzi, cit. []
  12. Cfr. L.Montanari e S.Poli, La voce di docenti e scrittori. La cultura si mobilita, in La Repubblica. Firenze Cronaca, 22 Settembre 2010. []
  13. Cfr. A.Bagnasco, La Chiesa? È amica del libro, in Avvenire, 14 Maggio 2010. []
  14. Cfr. G.L.Beccaria, Se scavi nella lingua trovi la Storia, in La Stampa, 11 Ottobre 2010. []
  15. Cfr. S.Andrini, Ragazzi senza parole, in Avvenire, 17 Marzo 2010. []
  16. Cfr. S.Andrini, cit. []
  17. Tradotto in italiano come “Mondo Nuovo”. []

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