Significato dei mesi in sardo secondo antichi dizionari: Marzo

Oschiri, altare rupestre di Santo Stefano

MARTU in sardo è il mese di ‘Marzo’, corrotto in Martzu per voga italianistica. Questo è nome mediterraneo, comune agli antichi Sardi ed anche ai Latini, che in un secondo tempo conquistarono l’isola.
Nell’indagine etimologica dobbiamo fare attenzione ad ogni aspetto contraddittorio nelle nomenclature. Ad esempio, è contraddittorio, prima che eccessivo, che gli antichi Sardi (e pure gli antichi Romani) intestassero al dio latino Marte sia il Martedì sia il mese di Marzo. E’ ovvio che tale nome-doppione è una paronomasia, ossia è un comodo adagiarsi su fono-semantemi seriori, dopo che si era perduto l’arcaico significato dei nomi dell’uso millenario. Per i Sardi questo doppione è doppiamente sospetto, perché in Sardegna si parlava lingua semitica ed era praticamente impossibile che, prima dell’invasione romana, preesistessero addirittura due nomi calendariali intestati a un dio del Nemico.
Occorre pertanto raddrizzare il vero significato sia dell’attuale Martedì sia dell’attuale Marzo.
In sardo per Martedì abbiamo MARTI, con le varianti fonetiche note. Base etimologica è l’accadico mārtu ‘figlia’. Con tutta evidenza, quas’indica un pianeta che oggi non riusciamo facilmente a inquadrare (penso però al pianeta Venere il quale, abbinandosi sempre al sorgere e al tramonto del Dio Sole, evidentemente fu sempre considerato come la Figlia del Sole, né più né meno come avvenne nella religione greca e romana: Venus figlia di Zeus-Giove).
I Romani non avevano la parola mārtu (figlia) ma avevano la parola Mārs (Marte), la quale si basa sul sum. maḫ ‘alto, eccelso, importante’ + akk. rāšû ‘ricco, benestante’, la cui unione maḫ-rāšû portò nei secoli alla semplificazione romana Mārs. Questo fu il nome che i Romani diedero al dio della guerra. Infatti va notato un fatto non marginale, che nell’alta antichità erano adatti alla guerra soltanto i giovani di famiglia ricca (rāšû), capaci non soltanto d’acquistare il cavallo ed i costosi strumenti bellici (all’origine della siderurgia, una spada di ferro costò molto più di una spada aurea di pari peso), ma di dedicarsi quotidianamente ad estenuanti esercizi che li rendevano idonei alla battaglia. Quindi sembra ovvio che il dio romano della guerra abbia avuto un nome primitivo così azzeccato: ‘grande e ricco, forte e ricco’.
Anche il nome mediterraneo MARTU ‘Marzo’ fu interpretato dai Romani come riferito al dio Mars, Martis, e Martius fu l’aggettivale che a un certo punto prevalse. In realtà, così come succedeva per gli altri mesi, anche questo era stato legato, com’era solito nei tempi preromani, ai momenti cruciali che segnano le tappe annuali della sopravvivenza. Il mese aveva il nome dall’accadico marû ‘ingrassare (con le nuove erbe di fine inverno)’, da cui mārūtu ‘tecnica d’ingrasso’.

Salvatore Dedola

Nell’immagine: Oschiri, altare rupestre di Santo Stefano; a destra masso coppellato, orologio solare o calendario soli-lunare, databile nel Neolitico recente (Cultura di Ozieri 3.500-2.700 a.C) e nell’età del Rame (III Millennio a.C.).

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