Il 35° di fondazione di Su Nuraghe inizia con la festa dei più piccoli

Domenica 6 Gennaio 2013, ore 16 – Il primo appuntamento del 2013 del Circolo Culturale Sardo di Biella pone al centro i bambini, premiando i figli migliori.

giovani virgulti di Su Nuraghe
Biella, giovani virgulti di Su Nuraghe davanti alla grande torta in loro onore.

Già a Novembre 2012, i neonati di Su Nuraghe sono stati protagonisti durante la piantumazione di altrettante piante di ginepro provenienti direttamente dalla Sardegna per i 23 nuovi nati in seno alla vasta comunità di Biella.
La partecipatissima e suggestiva cerimonia, svoltasi presso l’area monumentale di Nuraghe Chervu, ha avuto un piacevolissimo momento conviviale conclusivo presso il Ristorante degli Antoniminesi con il taglio della grande torta dedicata ai nuovi nati, opera dello chef titolare Giuseppe Nevolo. Per l’occasione si è mobilitata tutta la famiglia: in cucina, zia Titti, Simona e Marco; in sala, il giovanissimo figlio Francesco e Rosi.
Il nuovo anno, il 35° di fondazione di Su Nuraghe, inizia con la festa dei più piccoli: premi per tutti i bambini presenti e assegnazione delle tradizionali otto Borse di studio ai figli meritevoli dei Soci.
Le pagelle e gli attestati, in precedenza consegnati presso la segreteria dell’Associazione, verranno esaminati da una apposita Commissione formata dalla prof. Anna Taberlet Puddu, dalla maestra Elena Garella e presieduta dal prof. Roberto Perinu.
Otto premi in denaro verranno consegnati direttamente ai vincitore. Una vera e propria tradizione che si rinnova da 35 anni che, riconoscendo i meriti e il valore scolastico dei giovanissimi ragazzi e ragazze, vuole incoraggiare negli studi e nell’apprendimento, poiché alle nuove generazioni è affidato il futuro della nostra società.
Unitamente agli assegni in denaro per i vincitori, verranno consegnati premi e calze ricolme di doni a tutti i bambini presenti, con l’aggiunta di alcuni libri e volumi di storia locale messi a disposizione dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.Continua a leggere →

Presidio dei «ragazzi della crisi» per costruire il futuro in Sardegna

Dal 2000 ad oggi, centinaia di migliaia di giovani hanno lasciato l’Italia – Oltre 200 mila, nel 2012, alla ricerca di un lavoro e di una condizione di vita più dignitosa. Immagini del presidio di Cagliari nella sezione Fotografias

ragazzi della crisi
Cagliari, ragazzi della crisi presidio presso il Palazzo della Regione Sardegna.

Cagliari – I “Figli della crisi” a Capodanno non andranno in discoteca o in ristorante. Loro, i ragazzi del Sulcis che da alcuni giorni hanno piantato le tende sotto i portici del Palazzo della Regione resteranno in via Roma. Per ribadire che dalla loro terra, ora che stanno per finire gli studi, non vogliono andare via. E che per la loro provincia è importante mantenere aperte le industrie. Ma anche per pensare a come valorizzare una volta per tutte tesori ambientali e turistici che per il momento conoscono soltanto in pochi. Intanto protestano. Anche perchè il futuro è già il presente. Chiara Froldi, 18 anni, tra cinque-sei mesi sosterrà l’esame di maturità in Ragioneria, a Iglesias e sa già bene che cosa c’è dietro l’angolo per quelli della sua generazione che vivono nel Sulcis: «L’Università? – si chiede e spiega – ci vogliono i soldi per le tasse e per spostarsi. Il lavoro? Se si trova qualcosa è roba da molte ore e pochissimo compenso». E allora: Londra, Milano? «No, Sulcis – dice sicura –. Stiamo combattendo e combatteremo per non andare via dalla Sardegna». Non sono mai rimasti soli i ragazzi che arrivano dal cinquantesimo chilometro della Statale 130: a loro si sono uniti anche dei ragazzi di Cagliari del liceo “Euclide”. E poi tante persone si avvicinano e offrono benzina (venti litri) per i generatori, panettoni e anche pranzi e cene. È arrivato anche un agnello cucinato da un pastore. E pasti caldi. L’ultimo, quello di ieri, l’ha offerto “zia Maria” di Uta. Una donna che ha ricevuto solidarietà quando le volevano portare via la casa dopo lo sfratto. E che ora restituisce la generosità ricevuta, anche ai giornalisti che si avvicinano a trovare i ragazzi: versa bicchierini di mirto, fatto da lei. Un’azione eroica, questa dei “Figli della crisi”. Che costa anche lacrime. Come quelle versate la notte di Natale: «È stato il momento più difficile – raccontano Federico Orrù e Chiara, le “guide” del campeggio anti-crisi -.Continua a leggere →

Presepe a Maria, “donna del pane” – alla Sardegna, “terra del pane”

Un presepe dedicato a tutte le donne che faticosamente, ogni giorno “fanno il pane”; a tutti coloro che vivono la fatica della disoccupazione e precarietà; alla Sardegna, “terra del pane”; a Mamoiada, che come Betlem, piano piano, sta diventando “luogo del pane”

Presepe Mamoiada
Mamoiada (Nuoro): presepe allestito nella Chiesa di San Giuseppe, opera di Salvatorina Atzeni.

«E lo mise a dormire nella mangiatoia di una stalla». Nel giro di poche righe l’evangelista Luca ripete, tre volte, la parola “mangiatoia”. Se è vero che nella mangiatoia si mette il pasto per gli animali, non è difficile leggere in quella collocazione l’intendimento di presentare Gesù come cibo del mondo. Anzi, come pane del mondo e, accanto alla mangiatoia, come dinanzi a un tabernacolo, la fornaia di quel pane.
Maria aveva capito bene il suo ruolo fin da quando si era vista condotta dalla Provvidenza a partorire lontano dal suo paese, lì a Betlem: che vuol dire, appunto, “Casa del Pane”. Maria, portatrice di pane, dunque. E non solo di quello spirituale. Deformeremmo la sua figura se la sottraessimo alla preoccupazione umana di chi si affatica per non lasciare vuota la mensa di casa.
Sì, ella ha tribolato per il pane materiale e, qualche volta, quando non riusciva a procurarselo, avrà pianto in segreto. Gesù deve aver letto negli occhi splendidi di sua madre il tormento del pane quando manca, e l’estasi del suo aroma quando, caldo di cenere, si sbriciola sulla tovaglia in un arcipelago di croste.
Per questo c’è nel Vangelo tanto tripudio di pane, che dividendosi si moltiplica, e passando di mano in mano sazia la fame dei poveri seduti sull’erba, e trabocca nella rimanenza di dodici ceste.Continua a leggere →

Sulcis Iglesiente, ritrovare le storie delle migliaia di italiani migranti

Serate dedicate alla popolazione del Sulcis Iglesiente – Drammatiche emergenze del presente – Ricordo di tutti coloro che hanno perso la vita nelle viscere della terra – Il Teatro Sociale di Pescara approda in Sardegna con un allestimento drammaturgico intitolato “L’uomo carbone” che si ispira al tragico incidente di Marcinelle

LocandinaIglesias, 5-6-7 gennaio 2013 – Nell’agosto del 1956 nella miniera di Bois de Cazier a Marcinelle, in Belgio, si verificò un tremendo incidente sul lavoro in cui trovarono la morte 262 minatori di tantissime nazionalità. Fra questi c’erano 139 italiani, di cui 60 abruzzesi. Erano emigranti, partiti alla volta del Belgio all’indomani della ratifica dell'”Accordo Uomo-Carbone” che portava la firma di Alcide De Gasperi, capo del Governo di Unità Nazionale.
L’Accordo, firmato il 23 giugno del 1946, venne chiamato, non a caso, “Uomo-Carbone” perché in esso si stabiliva che l’Italia trasferisse 50.000 operai nelle miniere del Belgio, per sopperire alla carenza di manodopera conseguente alle ingenti perdite di vite umane causate dalla guerra, che rischiavano di compromettere la riapertura delle miniere in quella terra.
Il Belgio, come contropartita, garantiva all’Italia (da sempre povera di materie prime, indispensabili per l’industria metallurgica) almeno 2.500 tonnellate di carbone all’anno, ogni 1.000 operai inviati.
Purtroppo dietro le esigenze “istituzionali” si nascondevano veri e propri drammi umani: la miseria, la disoccupazione, l’emigrazione, l’emarginazione sociale, le condizioni di vita della manodopera italiana, il rischio altissimo di incidenti, la silicosi.
La punta massima fu raggiunta nel 1952, quando nel distretto minerario, degli oltre 119 mila operai, dei 67 mila stranieri, 48 mila 598 provenivano dall’Italia: soprattutto abruzzesi, calabresi, sardi e siciliani, veneti e friulani. In quegli anni decine sono stati gli incidenti in miniera, migliaia i morti. L’Italia ha pagato il tributo più alto: 867 gli operai italiani morti in miniera dal 1946 al 1963.Continua a leggere →

Un regalo sotto l’albero da alcuni soci di Su Nuraghe

Pozzomaggiore, comunità alloggio
Pozzomaggiore, il personale e alcuni ospiti della comunità alloggio dedicata alla SdD Edvige Carboni.

Un graditissimo, indispensabile e inaspettato regalo sotto l’albero per i tanti anziani che risiedono nella Comunità Alloggio “San Giorgio” di Pozzomaggiore: un nuovissimo lettino polifunzionale per la fisioterapia e la riabilitazione motoria, donato da alcuni soci del Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe” e dal Mobilificio Cau di Biella.
L’iniziativa è stata coordinata direttamente dal Presidente del Circolo Culturale, Battista Saiu, e dalla Segretaria Maria Bosincu, entrambi originari del piccolo centro del Mejlogu, che hanno dapprima preso contatti con i responsabili della struttura e successivamente si sono adoperati affinché il prezioso dono arrivasse a destinazione.
La Comunità Alloggio “San Giorgio”, inaugurata a metà dell’anno 2006, ospita nei suoi accoglienti locali decine e decine di anziani del luogo e di altri paesi della Sardegna; la struttura, che in pochi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo importante nel settore, è dedicata alla Serva di Dio Edvige Carboni (1880 -1952), anch’essa pozzomaggiorese, per la quale si spera arrivi al più presto, da parte della Congregazione della Causa dei Santi, la tanto attesa beatificazione.
I responsabili della Comunità, nel ringraziare ancora di cuore i benefattori per il nobile gesto, ricordano che il lettino è a disposizione di tutti coloro che ne avessero necessità e fossero impossibilitati a recarsi nei centri specializzati dell’isola.Continua a leggere →