
Miniera d’oro di Pestarena, livello 65, 13 febbraio 1961. L’esplosione che uccide quattro minatori (un sorvegliante e tre operai, due hanno poco più di vent’anni, due sono anziani, tre sono sardi, uno è bergamasco) è l’occasione da parte dell’azienda per la chiusura definitiva dell’impianto. L’evento rappresenta la fine di un’epoca e la conclusione di un ciclo storico di utilizzo della risorse delle Alpi. L’esplosione scatta anche una fotografia dell’Italia del tempo, un paese che sta vivendo gli anni frementi del boom economico e la montagna è scossa da trasformazioni sociali. Dopo i “magici (?) anni Sessanta” nulla sarà più come prima. In Europa, in Italia, a Macugnaga.
La concentrazione di pirite aurifera in Valle Anzasca è talmente estesa che giustifica l’affermazione per cui “L’oro italiano è oro ossolano”.
L’attività estrattiva sulle Alpi è documentata a partire dal XIII-XIV secolo quando gli homini argentarii usavano il mercurio (“argento vivo”) per separare l’oro dalle piriti. L’arte mineraria si sviluppò poi in modo sistematico tra XVIII e XIX secolo grazie a straordinarie figure di imprenditori coraggiosi e senza scrupoli. Fu con l’arrivo dei capitali stranieri, soprattutto inglesi, che l’attività assunse dimensioni industriali. Nel 1884 tutte le miniere aurifere ossolane vennero acquistate dalla ditta inglese The Pestarena Gold Mining che le lavorò per circa un ventennio; il complesso era ritenuto il più vasto d’Europa.Continua a leggere →