Il comportamento alimentare, più di ogni altro aspetto culturale, è un rivelatore di identità e, nella specie di quella umana: diversamente da ogni altro essere vivente del pianeta, infatti, l’uomo modifica e lavora il cibo prima di consumarlo. Il pane, per esempio, è una vera e propria invenzione, ove il grano viene convertito in alimento attraverso un processo di trasformazione che, al contempo, si attesta a simbolo di civiltà e ad elemento identificativo della specie umana1. Tra le varie tecniche di variazione degli alimenti, perciò, si evidenzia quella che richiama il mito di Prometeo, ossia quella del fuoco e, quindi, la cottura, sorta di alchimia nella quale quanto è crudo si evolve in pietanza: di fatto la cucina si colloca, così, come luogo di metamorfosi nella quale si combinano insieme elementi che nascono separati e distinti, ossia uno spazio nel quale ha modo di manifestarsi un’arte caratterizzata, in un certo modo, dal fatto di rendere reale quanto prima non lo era2.
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- Cfr., C.Augias, Dal pane alle polpette, così l’uomo inventò i cibi, in Il Venerdì di Repubblica, n. 1147, 12 marzo 2010, p. 129; B.Saiu, Non di solo pane, in Aa.Vv., Parla come mangi. Il cibo dell’altro, Centro Territoriale Permanente per l’Educazione degli Adulti, Biella, 2006, pp. 8-10 [↩]
- Cfr., R.A.Alves, La cucina come parabola, Qiqajon – Comunità di Bose, Magnano, 1996, pp. 8-10; C.Augias, cit., p. 129; B.Saiu, cit., pp. 8-10 [↩]