Biella, mercoledì 4 novembre – La ricorrenza della fine della Grande Guerra è stata celebrata dalle massime Autorità locali con alloro e con fiori che nel cromatismo rimandano al Tricolore.
In alcuni casi, i segni dell’ufficialità sono stati integrati da fiori “fuori ordinanza” deposti da mani pietose: gesti semplici e solenni ad un tempo, come quelli riservati alle persone care.
Fiori comuni sono stati deposti vicino a lapidi e monumenti per onorare nomi e fatti scolpiti sulla pietra; un modo popolare che porta al presente la memoria, la testimonianza con la vita, l’umanità dei Caduti.
Così è stato a Nuraghe Chervu, il monumento eretto e inaugurato nel 2008 a Biella nel 90° Anniversario della fine del Primo Conflitto Mondiale: anche qui, semplici fiori bianchi e rossi sono stati deposti “in ricordo dei 523 Giovani Biellesi e dei 13.602 Figli di Sardegna Caduti per l’Unità d’Italia“.
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Contributo alla tradizione locale nella variante isolana
Papassinos sardi e “dolcetto o scherzetto?”: i dolci della questua dei morti, compresa tra i due equinozi, non oltre quello di primavera – castagne e vino piemontesi per il tavolo dei morti – mille varianti di antichissime tradizioni attestate in Europa, in Asia Minore e in Asia centrale.
Sabato 7 novembre, alle ore 21, al Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, è in calendario un nuovo dolce appuntamento.
Artefice della serata sarà Sebastiana Nurra Deiana, che presenterà “Sos papassinos puttumajoresos“, dolci tipici della tradizione isolana, preparati in occasione della ricorrenza dei morti, quando, secondo tradizioni antichissime, in un’area vastissima comprendente parte dell’Europa, dell’Asia Minore e dell’Asia centrale, torme di bambini e di ragazzi usavano recarsi di casa in casa, cantando filastrocche, elemosinando dolci e piccole somme di denaro.
In Sardegna, da sempre, i dolci da offrire ai questuanti sono sos papassinos, esposti su un’apposita tavola imbandita, sa banca de sos mortos, “il tavolo dei morti”, apparecchiata al tramonto del primo novembre.
È una consuetudine ancora attiva anche in Piemonte nella variante delle ballotte, castagne cotte con sale e foglie di alloro, accompagnate da un bicchiere di vino rosso.
Nei due versanti delle Alpi, la questua, a volte differita nel tempo, viene praticata in uno spazio temporale compreso tra i due equinozi, ma mai oltre quello di primavera.
In alcune località del Verbano-Cusio-Ossola, è possibile assistere all’incanto dei morti, a cui gli abitanti partecipano con l’offerta di zucche, di castagne, di patate e di altri prodotti della terra e dell’artigianato locale.
Nel Biellese, fino a una decina di anni fa, i bambini di Pralungo, travestiti da femmina, elemosinavano cantando in falsetto.Continua a leggere →
Per essere moderni bisogna essere davvero antichi
Venerdì 6 novembre, alle ore 21, nelle sale di via Galileo Galilei, 11, a Biella, nuovo appuntamento con i libri.
Sarà il Prof. Roberto Perinu a presentare nelle sale di Su Nuraghe le opere di Marcello Fois che, con il romanzo “Stirpe” (Einaudi 2009), “squaderna il Novecento con una forza poetica e infallibile“.
Si tratta di un libro che – in un solo sguardo – abbraccia storie piccole e grandi, avvolte nella luce calda dei ricordi dell’infanzia, velata dalle ombre fitte dell’età adulta.
Marcello Fois, uno dei pochi scrittori italiani contemporanei conosciuto fuori dall’Italia, che ha ampiamente utilizzato nelle sue opere la lingua materna, con Stirpe sceglie di ridurre l’uso della lingua sarda nel suo narrare: “C’è stato un momento in cui era importante scrivere con un corposo ricorso alla limba – afferma – serviva ad attestare un momento di autocoscienza e a testimoniare il tentativo, anche in narrativa, di superare il sentimento di vergogna che da sempre segue come un’ombra i sardi“.
Un senso di inferiorità che in maniera più o meno forte accomuna alcuni popoli “minori”. “Ora – prosegue Fois – bisogna andare oltre, non farsi imprigionare in quello che altrimenti diventerebbe un manierismo provinciale“.
In Stirpe, lo scrittore sceglie di raccontare la storia dei Chironi, ambientata nella Nuoro fine Ottocento, con protagonista una famiglia nuorese possidente: signori della terra e delle bestie.
Mantiene in secondo piano, quasi come sfondo, l’ambiente agropastorale, soffermandosi sui “traumi e gli entusiasmi della prima vita in Sardegna nel contesto urbano“, preferendo osservare con occhio disincantato quello che oggi siamo. L’Autore parte da un passato necessario, accettandone le sciagure, poiché “Per essere moderni bisogna essere davvero antichi“, ricordando, infine, che “non c’è genia, da che mondo è mondo, che sia nata forte e invincibile se nutrita di lacrime“.Continua a leggere →
Corso di filet, tecnica e segni di antiche comuni radici
Presso il Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella è possibile iscriversi al “Corso di filet”, per conoscere, imparare e tramandare l’antica tecnica di lavorazione artistica di canovacci a forma di rete che rimanda al mondo dei pescatori.
Pizzi e ricami nei motivi a filet sono giunti fino a noi nella biancheria dotale, curiosamente presenti nei corredi di molte chiese sarde e biellesi. Disegni, molto vari, realizzati con identica tecnica, che Su Nuraghe intende contribuire a tramandare.
Il filet, una tecnica di lavorazione conosciuta in Francia, ampiamente diffusa nel continente europeo, ha avuto importanti centri nell’Italia continentale e in Sicilia. In Sardegna ha il suo principale centro nella Città di Bosa.
La conoscenza antica di questa tecnica di intreccio è testimoniata negli affreschi che decorano il Castello dei Malaspina, innalzato nel XII secolo sul Colle di Serravalle per controllare la foce del Temo – unico fiume navigabile della Sardegna – e l’accesso dal mare.
Quel mare, sempre insidioso per i Sardi, veniva protetto da fortificazioni, chiese, torri e santi. Infatti, alla destra del corso d’acqua sorge l’antica chiesa foranea di San Bachisio, reintitolata, nel corso delle ultime grandi pestilenze, ai Santi Cosma e Damiano, rifugio popolare durante le frequenti invasioni.
Sull’Isola Rossa, prospiciente la grande spiaggia di Bosa Marina, una grande torre, edificata dagli Spagnoli nella seconda metà del Cinquecento, è l’imponente avamposto contro le invasioni barbaresche.
Ultime in ordine di tempo, le costruzioni difensive militari in cemento armato realizzate durante la Seconda Guerra Mondiale.
Anche sulle reti dei pescatori, tuffate nelle pericolose acque del mare, venivano messi segni per invocare protezione e garantire l’abbondanza del pescato: ricami a forma di croce, di stella o di fiore. Elementi decorativi che “esplodono” nei pizzi realizzati dalle donne bosane: reti votive, benaugurali, una sorta di magismo popolare per garantire il rientro incolume dal mare.Continua a leggere →
Una Sardegna ricca di natura, pulsante di vita e di storia
A rubarti il cuore non sono solo le classiche mete di vacanza piene di turisti, ma le meraviglie che scopri ad ogni angolo, i posti “normali”, lontano dalle guide turistiche. È lì, fra le maestose dune accumulate da forti venti di maestrale, il mare limpido e cristallino, il paesaggio che si modifica ad ogni curva, che la Sardegna ti fa innamorare.
Sabato 24 ottobre, alle ore 21, si è tenuto a Biella, nelle sale di via Galileo Galilei, 11 il nuovo appuntamento con “Su Nuraghe Film“, lezioni di cinema “per conoscere la Sardegna attraverso il film d’autore”, con la proiezione di “Sardegna Isola parco”, un documentario del giovane regista cagliaritano Davide Mocci.
Il cortometraggio è stato presentato da Maria Cristina Cocco, sarda-biellese che ha illustrato alcuni aspetti della sua Terra di origine: la Sardegna.
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