Sapere che gli altri esistono attraverso un «gesto» gratuito

Enrico Maolu
Khajuraho, Enrico Maolu, bambini della Scuola primaria induista del Bramino Ram Prakash Sharma.

Lo scorso mese di Settembre si è tenuta a Torino la VI Edizione di «Torino Spiritualità», festival socio-filosofico dedicato, quest’anno, al tema «Gratis. Il fascino delle nostre mani vuote». Un’occasione per riflettere sui diversi significati del dono, del gesto gratuito, delle azioni che non aspettano nulla in cambio. Varie sono le motivazioni che hanno spinto gli organizzatori alla scelta di tale argomento e diverse sono le riflessioni che ne possono derivare.
La socialità contemporanea risulta essere soggetta al fenomeno della «scomparsa dell’altro», all’interno di un contesto dinamico di rapidi cambiamenti e di realtà virtuale ed elettronica1. Luigi Zoja, psicoanalista e scrittore di fama internazionale, in un suo intervento, ha evidenziato un calo della solidarietà nella società occidentale, anche a causa della tecnologia: sebbene l’uomo abbia per natura bisogno di relazioni, infatti, oggi la ricerca di rapporti umani si canalizza attraverso la tecnologia e, ovviamente, così facendo, si perde il contatto diretto con le persone2.
Tale fenomeno ci riconduce al problema della felicità oggi. Le sintetiche analisi sopra menzionate, infatti, evidenziano come nel mondo contemporaneo domini una falsa idea di compagnia nella rete, la quale, in fin dei conti, attraverso una molteplicità di contatti elettronici, finisce per sostanziarsi in una sorta di solitudine e di indifferenza mascherate. In un certo senso, alla luce di ciò, nel mondo del benessere materiale potrebbero ben riecheggiare come attuali gli strali del rimprovero che Friedrich Nietzsche rivolgeva ai cristiani oltre un secolo fa: «dovrebbero cantarmi canti migliori perché io impari a credere al loro redentore: più gioiosi dovrebbero sembrarmi i suoi discepoli!3».
Le Beatitudini di evangelica memoria, a prescindere dalla fede individuale, indicano a riguardo una diversa risposta concreta, un cammino di valenza universale da percorrere sotto i tratti della bontà e dell’amore, una via di bellezza4. Quella che si può chiamare, per l’appunto, Felicità con la «F» maiuscola, da intendersi in un senso assai differente rispetto al comune sentire contemporaneo5: ivi, infatti, non si fa menzione di una realtà egoistica e chiusa in se stessa, bensì di un farsi da parte, di un privarsi di qualcosa, di un rinunciare piuttosto che nel volere6. In fin dei conti già gli antichi Padri, infatti, segnalavano che «è detto felice chi dà la felicità7» .Tutto ciò, quindi, attraverso l’assunzione consapevole di un atteggiamento, di un comportamento che, nello specifico, può toccare chiunque. Un modo, cioè, per raggiungere quella grande grazia che Simone Weil indicava come il «sapere che gli altri esistono8.
Ecco, di conseguenza, la Gratuità, un’occasione ed insieme un esempio per rendere consistente quanto viene definito nei Vangeli9 come povertà in spirito, pianto, mitezza, fame e sete di giustizia, misericordia, purezza di cuore, azione di pace, persecuzione subìta a causa della giustizia10.

Roberto Tuveri

  1. Cfr. P.Lambruschi, Il prossimo? Non è un videogame, in Avvenire, 23 Settembre 2010. []
  2. Cfr. P.Lambruschi, cit. []
  3. Cfr. F.Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Mondadori, Milano 1992, p. 82. []
  4. Cfr. E.Bianchi, Ma i cristiani sono gente «felice»?, in Avvenire, 5 Maggio 2010. []
  5. Cfr. L.Coco, Piccolo lessico della modernità, Qiqajon, Comunità di Bose (BI) 2009, pp. 36-37. []
  6. Cfr. L.Coco, cit., pp. 37-38. []
  7. Cfr. L.Coco, cit., p. 38. []
  8. Cfr. O.Clément, Le feste cristiane, Qiqajon, Comunità di Bose (BI) 2000, p. 92. []
  9. Cfr. in particolare Vangelo di Matteo Cap. V, 3-10. []
  10. Cfr. L.Coco, cit., p. 11. []

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