Statuta Comunis Bugelle: l’attenzione per l’identità nel Medioevo

Arrivo ad Oropa delle reliquie di Sant'Eusebio da Cagliari
Arrivo ad Oropa delle reliquie di Sant'Eusebio da Cagliari (1969) - fotografia di Luigi Mello.

Venerdì 16 Aprile scorso è stato presentato a Biella, presso il locale Museo del Territorio, il volume a cura di Patrizia Cancian, Statuta Comunis Bugelle – Statuti del Comune di Biella, edito dal Centro Studi Piemontesi di Torino al termine del 2009, pregevole opera stampata con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella, nella quale è pubblicata, per la prima volta con testo italiano a fronte, la raccolta di norme medioevali dell’antica città piemontese. Un’occasione di cultura che offre l’opportunità per approfondire lo studio della locale storia plurisecolare di uomini, società e luoghi abitati all’ombra delle Alpi in un’ottica di vivace comparazione tra passato, presente e futuro1.
Come prima si è fatto cenno, gli statuti non sono altro che raccolte di regolamenti o insiemi di leggi, stabilite per lo più da un’autorità competente in qualsiasi ambito istituzionale, sia statuale, sia governativo, sia in contesti relativi alle cosiddette arti di mestieri o confraternite a carattere para-religioso. Usualmente il termine tecnico statuta individua quei testi legislativi assai articolati e talora disorganici, capaci di disciplinare, a livello locale e contestualmente, aspetti organizzativi, privatistici e inerenti l’amministrazione della giustizia unitamente alla previsione delle connesse conseguenze pecuniarie e penali. Durante il Basso Medioevo essi hanno costituito sul luogo di emanazione una sostanziale integrazione e specificazione allo ius commune di matrice romano-giustinianea, in stretta relazione alla necessità di fornire e di garantire risposte adeguate alle esigenze locali dell’epoca2.
Tali statuizioni normative sono state prodotte in diversi contesti politici, sia nei Comuni in senso stretto, sia presso comunità più o meno sottoposte a giurisdizioni signorili che, tuttavia, diedero comunque concessione di una certa autonomia, sebbene limitata da un persistente controllo e dall’approvazione della stessa autorità esterna, attraverso le cosiddette carte di franchigie3. Queste raccolte sono oggi dei veri e propri archivi di carta relativi al mondo del passato, oggetto di continui rimaneggiamenti ed integrazioni nel tempo, circostanze che li ha resi paragonabili ad una sorta di stratificazione sedimentaria geologica4. Tra le loro copiose pagine sono rinvenibili i profili delle dinamiche identitarie delle comunità di ieri, realtà che costituiscono le radici delle stesse società umane di oggi: infatti tra le righe e le parole sono spesso rintracciabili elementi che richiamano comportamenti ed usanze che ancora oggi trovano una continuità nel presente. A tale proposito antichi atti e simili raccolte documentali costituiscono quelle scritture che la storiografia accredita essere importanti fonti “narrative”, ossia una preziosa risorsa per la conoscenza dello ieri comparata alla consapevolezza del tempo attuale. Al contempo, tuttavia, essi costituiscono anche una sorgente di notevoli difficoltà per lo stesso lavoro degli storici, così come Marc Bloch, nel suo Apologia della storia o mestiere di storico5, ha evidenziato quando ha fatto menzione delle potenzialità delle risorse scritte, testi sempre in grado di parlare e di fornire importanti notizie della loro epoca, sebbene ciò sia completamente possibile solo ove lo studioso abbia il possesso di un’idonea capacità di saperli interrogare attraverso una preventiva scelta di una determinata direzione di ricerca, opzione ermeneutica non certo agevole in presenza di testi complessi quali quelli in considerazione.

Gli statuta oggetto della citata pubblicazione sono stati emanati per la prima volta a Biella nel lontano 12456, sebbene affondino le loro radici circa un secolo prima, nell’anno 1160, data nella quale il vescovo Uguccione, avente la giurisdizione sul territorio, diede concessione dell‘investitura agli abitanti locali, ossia la facoltà di poter esercitare alcuni diritti e poteri nel quartiere fortificato del Piazzo. Essi rappresentano una sostanziale elaborazione normativa comunitaria volta alla riaffermazione ed al consolidamento di una sorta di pubblica sovranità raggiunta nei fatti rispetto al limitrofo dominio ecclesiastico alle soglie della metà del XIII secolo. Gli statuta, quindi, sono un simbolo della locale maturità istituzionale dell’epoca, nonché un segno della volontà di fornire una risposta alle esigenze di stabilire per iscritto e con certezza consuetudini e regole non contemplate nel diritto romano ma di consueta e necessaria applicazione concreta nella vita quotidiana della stessa comunità territoriale7.

Queste circostanze palesano nitidamente il principio meta-filosofico per il quale i diritti ed i correlati doveri non sono altro che il prodotto di un complesso processo storico8. Fatto, quest’ultimo, che si rivela essere tanto più attinente ad una prospettiva inerente il tema delle identità, espressa, tra l’altro, dallo stesso idioma utilizzato dai compilatori, un latino medioevale denso di termini delle parlate locali del tempo, nonché con riferimento specifico ad una sorta di attenzione normativa verso l’ambito del diverso e delle minoranze, tutti aspetti che, di per sé, potrebbero permeare i volumi di intere biblioteche.

A tale proposito il Proemio della raccolta normativa si delinea essere un incipit esemplare. Esso evidenzia l’affidamento della città e degli stessi “legislatori” dell’epoca a determinati santi, tra i quali si evidenzia, in particolare, oltre alla Vergine Maria, Eusebio, oggi patrono del Piemonte in virtù del Breve pontificio di papa Giovanni XXIII. L’evangelizzatore sardo del territorio subalpino, inoltre, trova menzione anche in altre parti del testo medioevale, specie in relazione ad eventi delle stagioni agricole, a feste religiose e con riguardo a rapporti con genti di territori e di contrade limitrofe, con le quali non sempre sussistevano rapporti amichevoli. Il tema dei “santi patroni”, che affonda profonde radici nella struttura della cultura latino-romana, e che presenta diversi riflessi nell’Antico Testamento, con riferimento agli angeli posti a tutela delle nazioni9, richiama a quell’indirizzo antropologico che individua la definizione dell’identità delle popolazioni di luoghi circoscritti nella scelta di determinate figure poste a protezione delle stesse comunità e del relativo territorio10: la devozione popolare, infatti, esprime l’anima più profonda delle genti locali e tange le stesse attività economiche esistenti in loco, spesso bisognose di “tutela e propiziazione”, profili cui si è spesso ispirata e rimodellata, non a caso, la topografia e l’onomastica locale11. Il menzionato riferimento “sacro” nel testo normativo, quindi, non costituisce certamente un aspetto trascurabile, dal momento che la componente religiosa modellava profondamente la cultura e la società medioevale, anche nei suoi lineamenti giuridici.

Altro carattere da sottolineare negli statuta biellesi è il tema dell’identità in relazione ai rapporti della città con il cosiddetto mondo dell’altro e delle minoranze, contesto sociale certamente esistente e sentito entro le mura di Biella nel corso del Medioevo se divenuto oggetto di diverse previsioni legali, come constatabile anche da una superficiale lettura dei dettagli delle rubriche della relativa raccolta, oggetto di evoluzione e di vari rimaneggiamenti nel tempo. Le minoranze costituiscono, nella specie, un fenomeno giuridico oggi a valenza generale, sebbene sia osservabile per certi aspetti e sin dall’antichità, con un forte incremento negli ultimi cinque secoli, un costante e sistematico impegno di limitare le discriminazioni onde conseguire una parità di trattamento12. Gli statuta biellesi, in particolare, presentano, come ogni altra similare legiferazione consultabile in altri comuni coevi, una notevole diffidenza per coloro che sono altri13, specie come evincibile all’interno della Rubrica XIIII: nessun straniero, secondo il cap. 242, poteva abitare in città senza esserne diventato prima cittadino, previa approvazione delle locali istituzioni e dietro presentazione di adeguata garanzia economica e cospicuo contributo patrimoniale, preferibilmente a finalità militare, o, come da cap. 260, a seguito di attestata stabile residenza nell’abitato fortificato per un periodo di almeno dieci anni; tuttavia, a questi indirizzi fortemente orientati lungo un profilo fortemente economico-patrimoniale, dal momento che abitare nella città voleva anche dire lavorare e contribuire, si accosta il cap. 244, il quale si focalizza, invece, sull’origine e sulla nascita dei potenziali abitanti. Princìpi e valori, quelli sopra citati, che paiono trovare una sostanziale conferma anche nel Repertorio degli Statuti del Comune di Biella, compendio delle elaborazioni di epoca successiva della raccolta normativa considerata.

In conclusione, quindi, è possibile affermare che a Biella, già nel XIII secolo, erano ravvisabili alcuni dei prodromi dello stato attuale, i sintomi identitari dell’Italia, paese fortemente improntato ad una cultura a matrice cristiana, fondato sul lavoro e sulla valorizzazione delle autonomie e delle specificità locali.

Gianni Cilloco

  1. Cfr. la Presentazione al libro di L.Squillario, p. VI, nonché la seguente Introduzione di G.S.Pene Vidari, p. XIII. []
  2. Cfr., G.S.Pene Vidari, cit., pp. XVIII-XXII. []
  3. Cfr., A.Barbero e C.Frugoni, Dizionario del Medioevo, Laterza, Roma – Bari, 2008, voce “Statuto“. []
  4. Cfr., G.S.Pene Vidari, cit., pp. XIX-XX. []
  5. Cfr., M.Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, Einaudi, Torino, 2009, pp. 49-55. []
  6. Cfr., M.Coda, Il Comune di Biella. Origine, sedi e simboli araldici, Comune di Biella, Biella, 2003, p.7; G.S.Pene Vidari,cit., pp.XX-XXV. []
  7. Cfr., F.Negro, Tracce di storia sull’antica città di Biella, Lineadaria, Biella, 2007, pp. 23-29. []
  8. Cfr., N.Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino, 1997, p. XIII. []
  9. Cfr., Libro di Daniele, X, 13-21. []
  10. Cfr., F.Cardini, Tre stelle dal Medioevo. L’Europa cristiana di Benedetto da Norcia, Caterina da Siena e Brigida di Svezia, in « Luoghi dell’Infinito », n. 133, anno 2009, pp. 8-15. []
  11. Cfr., A.Cattabiani, Santi d’Italia, BUR, Milano, 2007, pp. 5-12. E per il Biellese: A.S. Bessone Introduzione, in Vachino G. – a cura di, I Santi sui muri, DocBI – Centro Studi Biellesi, Biella, 2009, pp. 19-65. []
  12. Cfr., E.Palici di Suni Prat, Intorno alle minoranze, Giappichelli, Torino, 2002, p. 1. []
  13. Cfr., G.S.Pene Vidari, cit., p. XL. []

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