Favata sarda, dal cuore del Mediterraneo alle Alpi biellesi

Immagini della serata nella sezione Fotografias

preparazione favata
Preparazione della favata 2012, cucinieri volontari di Su Nuraghe.

Anche l’edizione 2012 della “Gran favata”, organizzata sabato 4 febbraio scorso dalla Comunità sardo-biellese, ha fatto registrare il tutto esaurito. È stata preparata con cura e meticolosità, impastando farina e sfornando pane casereccio da inzuppare tra legumi, zampini, costine e cotenna di maiale; a coronamento – dopo aver sposato spicchi di pecorino con l’immancabile “pane carasau” e gustato dolcissime clementine dalle fragranze proprie della regione del Sarrabus – l’abbondante assaggio di diverse qualità di dolci serviti a fine pasto.
La riuscitissima serata ha inaugurato il tempo festivo del Carnevale dei Sardi. È stato un nuovo successo dell’impegno e della generosità dei soci attraverso un piatto povero, tipico della tradizione contadina che, dal cuore del Mediterraneo, è approdato alle pendici delle Alpi biellesi.
Il cibo si sa, è frutto di continue contaminazioni, un arricchimento incessante e costante per rendere varie, più appetitose le vivande.
In ragione delle regole che lo governano, il mangiare può essere fatto corrispondere al linguaggio e riflette la funzione delle lingue: come queste permettono di distinguere un popolo da un altro, anche la cucina e gli stili di consumo del cibo riflettono caratteristiche culturali. In prospettiva etnocentrica, come era nel mondo antico, e come è frequentemente ancor oggi benché forse e talora in maniera meno marcata, le peculiarità del nostro cibo lo caratterizzano e lo distinguono da quello degli altri.
È ben noto come le tradizioni alimentari, radicandosi a un territorio, diventino e siano uno strumento per conservare, riprodurre e difenderne l’identità.

Giovanni Usai

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