Dicembre, una parola sarda al mese: T come TADANNU

incipit T, in Giampaolo Mele, Die ac NocteTADANNU locuzione campidanese e cagliaritana: tadannu, ita dannu! Interpretata popolarmente come ‘Quale, quanto danno!’. Diventa una vera e propria esclamazione, reazione improvvisa e vivace sul piano delle sensazioni e degli affetti. La si trova spesso a sigillo d’un commento su avvenimenti brutti o lacrimevoli, ed esprime lo stato d’animo del parlante.
Molto più spesso tadannu, itadannu diventa qualcosa di più della semplice esclamazione di commiserazione o di autocommiserazione. Trapassa alla vera e propria interiezione, espressa istintivamente nei momenti d’improv­visa paura o di terrore. Tadannu!, urlato, accompagna così i momenti per­so­nali estremi: un incidente improvviso, una caduta, una botta, un trauma. È una locuzione semanticamente identica a quella usata dalle don­­ne del Capo di Sopra: Soberána! ‘Sovrana!’ (invocazione alla Madon­na, d’origine spagnola).
Nell’italiano si dice, con la stessa intenzione: Dio mio!, Madonna! I maschi sassaresi hanno l’abitudine (a torto considerata plebea) di esclamare spesso: Catzu! (vedi). Ebbene, Soberana! e Tadannu! (anche Catzu) sono locuzioni semanticamente identiche all’invocazione akk. dandannu ‘Onnipotente! (titolo divino)’. Tadannu lo è anche foneticamente, quindi appare netta l’origine mesopotamica dell’esclamazione, evidentemente già appartenuta agli Shardana od eventualmente arrivata attraverso i Fenici, che scrivevano ’dann ‘Nostro Signore’.

Salvatore Dedola,
glottologo-semitista

Nell’immagine: l’incipit “T”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009

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