Fiori di sarda bontà sbocciano nel giardino di Su Nuraghe

Giardino di Su Nuraghe, mosaico di fiori condivisi al tempo del coronavirus

Attività sociale quotidiana messa in campo dal Circolo Culturale Sardo di Biella in tempo di pandemia – attivazione e potenziamento di social network – scambio di messaggi, condivisione di testi, immagini, video.

Con il protrarsi del confinamento domiciliare e la conseguente maggiore familiarizzazione con i diversi dispositivi informatici, si riconferma il grande cuore della comunità di Su Nuraghe attraverso gesti di mutuo appoggio, semplici e spontanei, favoriti dalle nuove tecnologie. Nell’impossibilità di incontrarsi, è la condivisione di immagini a fare da collante sociale: fotografie proiettate oltre l’ambito domestico, “postate” attraverso gruppi WhatsApp. Anche in questo caso, si manifesta quel tratto indicativo dei Sardi, sempre attenti verso l’altro – specie se in difficoltà – caratteristica bontà d’animo isolana, ben radicata anche all’ombra del Mucrone.
Di seguito, la meditazione del ven. Lama Paljin Tulku Rinpoce, guida spirituale del Centro Mandala di Milano, Samten Ling di Graglia e Deua Ling di Merano. Di origine Biellese, il monaco buddhista di tradizione tibetana spiega come «la generosità sia anche indice di bontà».

b.s.


Riflessioni in 21 punti su come prepararsi per il futuro

La crisi che ha colpito la nostra nazione ha messo in evidenza tante situazioni di necessità che riguardano la cosa pubblica, ma anche le condizioni personali dei più deboli.
Da parte di aziende, associazioni, individui singoli, c’è stata una corsa alla beneficenza che ha testimoniato il grande cuore degli italiani. Ci siamo tutti sentiti partecipi di questo slancio altruistico e anche chi non ha dato economicamente, in qualche modo ha espresso la propria sensibilità aiutando i vicini di casa, anziani o malati, nelle ordinarie attività quotidiane.
È infatti nel momento della tragedia che gli individui riscoprono la solidarietà, aiutandosi gli uni con gli altri e cercando di fare fronte comune alle avversità. In queste circostanze si evidenziano le qualità della condivisione e del donare, che sono insite nella natura dell’uomo e lo orientano verso il bene.
Nella pratica buddhista sono contemplati tre campi di applicazione della generosità: materiale, spirituale e protettiva.
1) La generosità materiale riguarda l’offerta di oggetti e beni, senza attaccamento, senza aspettarsi niente in cambio: né compensi immediati né meriti per il futuro. La generosità incondizionata è importante, perché elimina le spinte dell’egoismo, e anche la più piccola cosa donata con spirito altruistico può avere positivi risultati per chi dona e per chi riceve.
Spesso il non voler donare non dipende dalla grettezza, ma è dettato dalla paura di perdere ciò cui siamo attaccati e quindi non vogliamo lasciare la presa.
Una grande generosità si attua nell’offrire qualcosa di raro o quello cui teniamo di più.
La generosità suprema consiste nell’offrire le proprie membra, il proprio corpo o la propria vita per aiutare gli altri, come nel caso dei medici e degli infermieri, contagiati nelle corsie degli ospedali, o di quel prete che ha rifiutato l’apparecchio respiratorio per lasciarlo a un malato più giovane; ma anche dei poliziotti che perdono la vita nello svolgimento delle loro funzioni.
2) La generosità spirituale riguarda il dare consigli per aiutare il prossimo a uscire dalla confusione e dall’illusione.
Questo aspetto è molto delicato, perché richiede una grande preparazione da parte di chi vi si dedica, in quanto non è facile spiegare agli altri la via della virtù se prima non abbiamo personalmente fatto le relative esperienze.
3) La protezione dalla paura implica l’aiutare direttamente o indirettamente chi necessita di protezione, chi è angosciato, perseguitato, o in pericolo di vita, senza difesa, imprigionato.
Ma anche chi è smarrito, disperato, vulnerabile, e ha bisogno di essere guidato. Come si vede, lo sviluppo della generosità non riguarda solo il donare cose materiali, ma consiste nell’aiutare concretamente e con ogni mezzo [,] chi è in difficoltà. Tutti abbiamo la possibilità di donare a coloro che hanno un bisogno di carattere materiale, intellettuale, culturale, affettivo, non fosse altro che con la nostra semplice e rassicurante presenza a fianco di chi soffre.
Se l’intenzione è pura, non è una questione di valori economici o di quantità: sono molto importanti anche le piccole azioni come una preghiera, un pensiero positivo, un sorriso per chi è sofferente, un boccone di cibo a un animale, un poco d’acqua a un fiore.
Una regola del dare virtuoso consiste nel dare solo ciò che è stato onestamente acquisito, ciò che sia utile e non insignificante, qualcosa che possa rispondere alle necessità di chi riceve e inoltre nasca dal desiderio di eliminare la sofferenza.
Il dono, fatto e ricevuto con mente spontanea e libera da considerazioni opportunistiche, crea sempre un positivo flusso di energia. Tra chi dà e chi riceve non c’è più la nozione di “io” e di “mio”, ma il valore del dono è dato dal potenziale di gioia che sviluppa nell’uno e nell’altro.
Quando ci rifiutiamo di dare, facciamo prevalere la nostra tendenza alla chiusura, mentre la propensione a donare rivela il grado di sensibilità che è in noi: infatti,chi è autenticamente generoso è di certo fondamentalmente buono.
E quando ci prendiamo cura di qualcuno, il tempo che gli dedichiamo, poco o tanto che sia, è il dono più prezioso, perché, anche se non ne siamo consapevoli, gli stiamo offrendo un pezzo della nostra vita.

Lama Paljin Tulku Rinpoce

Nell’immagine: Giardino di Su Nuraghe, mosaico di fiori condivisi al tempo del coronavirus.

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