Ha riaperto i battenti il Museo delle Migrazioni di Pettinengo

Pettinengo, Museo delle Migrazioni, Dina Menegon

Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli di Pettinengo – via Fiume, 12, visitabile tutte le domeniche dalle ore 14:30 alle ore 18:30 – Info e prenotazione: Idillio, 3343452685 – Ingresso libero.

Nella speranza di uscire al più presto dall’emergenza Covid 19, rispettando poche regole di buon senso (igienizzare le mani all’ingresso, indossare la mascherina e mantenere la distanza di almeno un metro tra un visitatore e l’altro), è di nuovo possibile visitare – tutte le domeniche e a Ferragosto fino all’11 ottobre 2020, dalle 14.30 alle 18.30 – il Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli, sito al Canton Gurgo di Pettinengo in via Fiume 12, curato dal Circolo Su Nuraghe di Biella e inserito nel circuito della Rete Museale Biellese.
Il Museo tratta il tema delle migrazioni da numerosi punti di vista, partendo dal presupposto che tutto è in movimento, ovvero in cammino. Migrano le persone, migrano gli uccelli, i simboli, le tecnologie, le lingue, le culture, addirittura le pietre. Si spostano i popoli, le singole persone, le famiglie, donne e uomini soli. Ricordando che “tutto scorre” (come dicevano sia Eraclito a Efeso che Francesco Gabbani a Sanremo, rispettivamente 2500 e 3 anni fa) fare visita al Museo sarà un po’ come immergersi nel fiume del tempo per uscirne impercettibilmente cambiati. Attraversare le quattro piccole sale di cui è composto, infatti, permetterà al visitatore di ascoltare le varie storie che ognuna racconta, con allestimenti in divenire e oggetti esposti anch’essi migranti. La prima stanza ci parla delle migrazioni stagionali di ragazze sole, operaie e mondine, da fine Ottocento al Secondo dopoguerra.
Le mondine arrivano nelle pianure del Biellese e del Vercellese, provenienti dall’Emilia-Romagna, dalla Lombardia e soprattutto dal Veneto, con un baule vuoto… della capienza di 50 o 100 chili. A seconda che lo trasportassero una o due mondine, il baule serviva a contenere, al ritorno, la parte della paga espressa in natura (riso) che ricevevano alla fine del periodo di lavoro. Legato al baule spesso le ragazze trasportavano un cuscino, per rendere un po’ meno disagevole il loro sonno sdraiate sul pavimento dei capannoni delle risaie, dopo 8/9 ore di duro lavoro nei campi.
Oltre al baule, i cuscini, i pannelli esplicativi e le fotografie d’epoca. La prima sala conserva un cimelio molto particolare che vale la pena descrivere. Si tratta di un tagliere da polenta appartenuto a Pasquadina Menegon, immigrata sola bel Biellese. Staffetta partigiana e ragazza madre, stabilitasi definitivamente a Pettinengo negli anni ’40. Il partito comunista e la chiesa cattolica furono per lei, per tutta la vita, due punti di riferimento molto forti, anche se, come ha raccontato qualche anno prima di morire all’antropologo Battista Saiu «Tutti e due mi hanno aiutato, ma entrambi mi hanno anche fatto soffrire». Ecco il motivo per cui su questo tagliere di foggia rotonda, sul quale Pasquadina ha rovesciato la polenta negli anni vissuti in Veneto, ha inchiodato letteralmente una falce, un martello e un crocifisso, quando ha preso la residenza in Piemonte, con un figlio a cui badare, senza un marito. Il tagliere è rimasto sopra i fornelli della sua cucina fino alla sua morte, a significare il monito di una vita fatta di lavoro, fede e riscatto sociale. Ora è esposto all’ingresso del museo, accanto a un bellissimo ritratto di “Dina” da giovane.

Michele Careddu

Nell’immagine: Pettinengo, Museo delle Migrazioni, allestimenti dedicati a donne sole che partono, “Dina” Menegon

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