Anche gli uccelli volano in alto, ma tornano a terra per nidificare e vivere – amplificare il nostro linguaggio con la loro presenza e le loro abitudini.
Il dottor Battista Saiu mi ha consegnato una lista di animali da esaminare e possibilmente commentare. Ma alcuni di questi volatili nemmeno li conosco, come non conoscevo i loro nomi in sardo, per non parlare di quello scientifico. Una lettura difficile e misteriosa. Che cosa dovevo fare? Allora mi sono avventurato in un’indagine etimologica e semantica (una mia antica passione maniacale, purtroppo interrotta da alcuni lustri per mancanza di tempo: la vita condizionata da troppi impegni).
Approfittando di qualche momento disponibile, ho cominciato a rispolverare vecchi volumi ammassati nella mia biblioteca e a sfogliare pagine ormai desuete. La compiutezza è rara, infatti non tutto è stato reperito. Ma la sorpresa sostanziale è stata quella di avere scoperto che circa 2000 anni fa alcuni autori latini conoscevano già questi animali e li citavano nelle loro opere. Una bella soddisfazione. “Nulla die sine linea“, diceva qualche nostro antenato. Nessun giorno senza un piccolo progresso. C’è sempre da imparare. Il nostro idioma ricomincia così a suscitare molto interesse: riemerge come attrazione fatale. E poi, con lo sfiorire dell’età, la ricerca, anche se solo curiosa, è vantaggiosa: impegna molto la memoria che altrimenti “minuitur nisi ea exerceatur“. Certo si scende dallo “spirito animale” (Dante, Vita nuova) alla curiosità animalesca. Ma anche così la senilità diventa vitalità.
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Il chicco di grano è uno dei simboli più presenti e pregnanti nella storia delle religioni e delle società. Esso richiama il ciclo della vita, la fertilità della terra ed il cibo, in quanto elemento base per la produzione alimentare. Per queste sue caratteristiche è stato utilizzato iconograficamente in vari culti pre-cristiani di matrice agro-pastorale ((Cfr. J.Chevalier e A.Gheerbrant, Dizionario dei simboli, BUR, Milano, 2008, voce “grano“)) e, non a caso, si ritrova anche all’interno della Bibbia, nel Nuovo Testamento. Il Vangelo di Giovanni, infatti, al Cap. XII, 24-25, propone a riguardo le seguenti parole: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna».
Un modo un po’ diverso, ma attivo, interessante, di prepararsi alla festa di Pasqua?
Sabato 6 marzo, alle ore 21, è stata inaugurata la Mostra fotografica Feminas, Piemonte fiorito. I fiori dell’inverno, allestita nei saloni della Biblioteca del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella.
Partecipata serata di festa, densa di significati, Sabato 6 Marzo scorso presso i locali di Su Nuraghe. La Festa della Donna 2010 è stata una di quelle tipiche occasioni attraverso le quali la comunità dei Sardi di Biella ha avuto modo di mettere in atto tutte quelle potenzialità insite nella propria natura e nel copioso numero dei propri membri ed affiliati. Una comunità dinamica, in continua evoluzione, ma sempre ancorata ai cardini del luogo di vita quotidiana e di lavoro, il Piemonte, ed al territorio di origine, la Sardegna, entrambe culle di cultura e di originalità che sommate moltiplicano la possibilità di condividere. Condivisione, infatti, è probabilmente la parola più idonea per descrivere il filo conduttore che guida le attività degli ultimi tempi del Circolo: un concetto che indica il non tenere solo per sé quanto si possiede, ma che comporta un dare, un donare, un mettere a disposizione degli altri, con generosità, quelle ricchezze possedute, anche perché solo con un’attenzione oltre le proprie mura di casa è possibile realmente vivere ed appartenere alla grande comunità di vita del territorio.