Radici giudaico cristiane e la scarpa rituale di Sardi, Italiani e Romanì

Matrimonio Rom a Torino, dono del pane e della scarpa

Domenica, 7 ottobre, alle ore 17:00, nella chiesa dei santi Grato ed Eusebio di Pettinengo verrà inaugurata la mostra “Omaggio a Tavo Brat, Gustavo Buratti Zanchi” – immagini di Andrea Ciprelli – presentazione di Rosa Corbelletto Usai – rinfresco – ingresso libero

La mostra “Omaggio a Tavo Burat, Gustavo Buratti Zanchi”, patrocinata dal Comune e dalla Parrocchia di Pettinengo, dalla Comunità Ebraica, dalla Diocesi, dalla Chiesa Valdese e dal Liceo Scientifico “Amedeo Avogadro” di Biella, presieduto da Dino Gentile, è estensione degli allestimenti dedicati alle migrazioni del Popolo Romanì presenti nel Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli di Pettinengo. Vuole essere narrazione interculturale e intergenerazionale, con particolare attenzione alle pari opportunità ed ai processi di inclusione e formazione di cittadinanza attiva.
Idee condivise che hanno attraversato la vita di Tavo Burat, socio di Su Nuraghe, scrittore, poeta, giornalista, docente, politico, storico italiano, presidente del Concistoro della Chiesa Valdese di Biella.
L’esposizione delle immagini di Andrea Ciprelli “Omaggio a Gustavo Buratti Zanchi” rientra nel progetto del Circolo Culturale Sardo di Biella per la salvaguardia del patrimonio culturale materiale e immateriale presente sul territorio, sostenuto da Regione Piemonte e Regione Autonoma della Sardegna.
Omaggio a Tavo Burat è una mostra che vuole ricordare la figura dell’intellettuale biellese, strenuo difensore delle minoranze linguistiche e culturali, che ha voluto che il suo corpo fosse avvolto nella bandiera dei Sinti, estremo fraterno saluto agli ultimi della terra. Attraverso l’obiettivo di Andrea Ciprelli, è possibile vedere momenti di vita quotidiana e festiva della comunità Romanì che viveva nel campo Rom – ora smantellato – di Lungo Stura Lazio, a Torino. A un occhio attento, alcune istantanee permettono di scoprire radici giudaico-cristiane di cui sovente si parla in relazione all’identità europea. Come l’inconsueto paio di scarpe portate sul capo dalla madre dello sposo che risalirebbe all’antica usanza di cui parla la Bibbia.
Dal Libro di Ruth sappiamo che gettare il sandalo su un territorio voleva dire impossessarsene; di contro, dare il sandalo o la scarpa ad un altro, indicava la rinunzia di un possesso. Pani in forma di scarpe sono presenti nella mensa nuziale a Bonorva e a Pozzomaggiore (Sassari); ad Atzara (Nuoro), un paio di scarpe nuove sono il compenso al paraninfo. In Puglia, la suocera partecipa alla vestizione del promesso sposo allacciandogli le scarpe.
Ad Asigliano (Vercelli), territorio a noi più prossimo, un paio di vistose scarpe bianche da sposa pendono dal cero processionale durante la festa di san Vittore.
Da secoli, Ebrei e “zingari” sono bersaglio di persecuzioni, accomunati ai comunisti nell’accusa di rubare bambini nella propaganda dell’Italia postbellica. Deportati e internati in Sardegna a seguito delle leggi razziali del 1938, con il termine “Porrajmos” viene ricordato lo sterminio di 500.000 zingari nei lager nazisti.
Se le dimensioni della “Shoah” dei nostri “fratelli maggiori” sono sotto gli occhi di tutti, e sono terribili, meno noto lo sterminio di altre popolazioni o categorie

Battista Saiu

Nell’immagine: Matrimonio Rom a Torino, dono del pane e della scarpa

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