«Gent’arrubia», corteggiamento, accoppiamento, cova nei nidi

Sabato 4 Dicembre 2010, a Su Nuraghe di Biella, lezioni di cinema – proiezione del documentario «Sa Gent’Arrubia» del regista Davide Mocci – ricordi personali messi in moto dalla bellezza delle immagini

Fenicotteri rosa
Alberto Ferrero della Marmora, Fenicotteri rosa - particolare della Veduta di Cagliari dall'Isola di San Simone (acquerello).

Alcune personali riflessioni a commento ed a stimolo al pubblico che sarà presente alla proiezione.

Il tema del documentario, girato nel 1993 dall’operatore Mocci, vede come protagonisti degli animali stupendi e straordinariamente eleganti: i Fenicotteri rosa. Questi animali sono antichi frequentatori delle zone umide del sud Sardegna, tanto che, ancora oggi, sono detti, nelle parlate campidanesi, “sa genti arrubia“, la “gente rossa”.
Questo appellativo è stato utilizzato anche dal regista, per rappresentare l’avvento massiccio e la nidificazione in Sardegna dei fenicotteri rosa. Gli animali, motivati dalla grande siccità che ha interessato i loro abituali siti di riproduzione in Francia e in Spagna, per la prima volta hanno scelto di riprodursi in Sardegna, nello stagno di Molentargius, a Cagliari.
Il regista è stato abile ed attento riuscendo a documentare il ciclo di vita di questi graziosi animali catturando momenti che evidenziano gli attimi del corteggiamento, dell’accoppiamento, della costruzione dei nidi fino alla deposizione delle uova e della nascita – dopo trenta giorni di cova – dei piccoli fenicotteri.
Mocci attraverso le sue immagini si sofferma sul momento della nascita dei pulli e della cura esercitata dai genitori.
Questa parte del filmato appare particolarmente interessante poiché permette di riflettere sul ruolo svolto dalla famiglia nella cura e crescita di questi animali che ricorda, specularmente, la dedizione delle nostre famiglie verso i propri bimbi.
Questo atteggiamento, protettivo e amorevole, appartiene al vissuto anche personale, allorché nei mesi estivi, a partire dai 6 anni di età, al termine dell’anno scolastico i miei genitori facevano “spiccare il volo” a me e mia sorella verso Pozzomaggiore, piccolo centro del Nord Sardegna dove risiedevano i nonni e gli zii materni.
Ho ricordi molto intensi legati alla famiglia di origine: la preparazione, da parte di nonna Marietta, al forno a legna del pane tradizionale “S’Ammodde” (pane a forma di tumulo) e “Su zichilau” (pane piatto a forma di pizza), quest’ultimo era il mio preferito all’ora della merenda preparata dalla zia Furicca; i viaggetti, in groppa all’asinello, del nonno Salvatore, conosciuto come”Tiu Farore” (Zio Salvatore), per raggiungere la vigna, dove fino all’età di 85 anni, ha lavorato la terra per portare a casa tanti prodotti genuini.
La cura della famiglia non riguardava solo il momento della tavola ma anche l’attenzione verso il gioco e la socialità quando nelle sere d’estate ci si sedeva, fuori dall’uscio di casa con “sas cadreas“(le sedie), per prendere un po’ di fresco, e accorrevano i vicini per raccontare le novità del Paese mentre noi bimbi si giocava in strada o quando si trascorreva le mattinate nella calzoleria dello Zio Pietro, conosciuto come “Pedrigheddu su cattolaggiu” (Pietro il calzolaio), ad ascoltare i racconti e gli scherzi dei suoi amici tifosi della Juventus.
Per questi motivi la terra sarda rappresenta un vero e proprio nido, accogliente e pieno di calore, dove tutte le famiglie di emigrati (compresa la mia) desiderano tornare ogni anno e quindi comprendo il motivo per cui i protagonisti di questo filmato i fenicotteri, forti volatori emigratori, siano venuti a nidificarvi!

Elisa Cuccuru

Immagine: Biella, Centro Studi Generazioni e Luoghi – Archivi Alberti La Marmora, Fondo Ferrero della Marmora.

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