La storia di Alieu, giovane del Gambia accolto nel Biellese, rivive negli oggetti – un abito filato e tessuto a mano e una misbaha – donati dalla madre e affidati alla memoria collettiva del territorio.
Al “Museo delle Migrazioni” di Pettinengo, che fa parte della Rete Museale Biellese, sotto la cura attenta del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe, prende forma una mostra di dimensioni contenute, ma dal significato profondo. L’esposizione narra la vicenda umana di Alieu, giovane proveniente dal Gambia e arrivato nel nostro paese, mediante due oggetti intrisi di significato: un abito tradizionale lavorato dalle mani della madre e un rosario islamico, la misbaha.
Questi manufatti, già fruibili al pubblico, rappresentano la preziosa documentazione di un percorso migratorio contemporaneo, che fa vibrare le corde più intime dell’esperienza umana.
Il cammino di Alieu verso l’Italia iniziò nel 2016, con un viaggio estenuante che lo condusse attraverso le terre africane fino alle acque del Mediterraneo. Una volta giunto nel nostro paese, trovò accoglienza nei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) del territorio biellese: inizialmente a Chiavazza, successivamente a Cossato e infine a Lessona. Qui, un appartamento gestito dai volontari della Parrocchia di Gesù Nostra Speranza di Cossato, insieme all’Associazione Mondi Senza Frontiere di Biella, divenne la sua dimora temporanea. In questo contesto riuscì gradualmente a ricostruire le fondamenta della propria esistenza, facendo l’imbianchino, il giardiniere e l’operatore agricolo.
Alcuni mesi dopo il suo approdo in territorio italiano, la madre gli fece pervenire due simboli carichi di emotività: l’abito filato e tessuto a mano e il rosario della preghiera. Nell’abito tradizionale si celava tutto l’affetto materno, capace di superare ogni barriera geografica; nel rosario, la potenza spirituale necessaria a sostenere qualsiasi percorso esistenziale.
Il 2018 segnò una nuova svolta nella vita di Alieu, che decise di lasciare Lessona alla ricerca di differenti prospettive oltre i confini francesi. Prima della partenza, affidò i due preziosi oggetti a Lucia Missaggia, volontaria dell’organizzazione guidata da Carla Garbaccio – “Mondi senza frontiere” di Biella – che lo aveva accompagnato sin dal primo momento del suo arrivo. Lucia, a sua volta, scelse di cedere questi cimeli al “Museo delle Migrazioni” di Pettinengo, trasformandoli in patrimonio collettivo della memoria.
L’abito di Alieu può avere duplice interpretazione: prima come dono di una madre al proprio figlio, e vincolo affettivo capace di annullare le distanze; poi, come dono di Alieu – per il tramite di Lucia – all’intera collettività, a testimonianza di come i fenomeni migratori costituiscano una dimensione permanente della vicenda umana.
Quanto detto sollecita una riflessione profonda sui movimenti di popolazione: non sono semplici episodi relegati al passato, ma realtà universale, dinamica e contemporanea, vissuta da individui con aspirazioni e speranze analoghe alle nostre e altrettanto meritevoli di attenzione e di considerazione.
È possibile visitare il museo, con percorsi guidati e ad accesso gratuito, nelle ultime due domeniche di settembre, tra le 14.30 e le 18.30.
Occasione significativa per permettere al pubblico di essere toccato da narrazioni che intrecciano sentimenti, viaggi, origini e solidarietà.
Michele Careddu
Nell’immagine: Carla Garbaccio e Lucia Missaggia mostrano la tunica di Alieu davanti alla sede biellese dell’Associazione “Mondi senza frontiere”, situata in via Novara, 2.