In mostra i dolci sardi di Pasqua: cantare la tradizione

“Cantar gli oeu” a Sant’Eurosia – uova di caccia a Camandona – uova di pietra nella Bessa – “cogone de s’ou” in Sardegna

locandinaSabato 4 aprile, ore 16.30, nei saloni del “Punto Cagliari” – via Galileo Galilei, 11 a Biella – sarà inaugurata la mostra di dolci sardi: “Sapori di Sardegna, dolci della tradizione pasquale per conoscere l’isola attraverso il gusto“, con esposizione di speciali pani della festa “sa cogone de s’ou“, in cui sono inglobate uova.
La presentazione dei pani con l’uovo e dei dolci della tradizione pasquale sarda vuole essere una nuova tessera di questo vasto mosaico, un contributo per custodire e valorizzazione quei beni effimeri e immateriali di cui l’impoverito uomo della postmodernità – sempre più orfano – sente bisogno.
In molte civiltà, l’uovo rappresenta il simbolo del rinnovamento che rimanda al rinnovarsi ciclico della natura. Secondo gli studi di Mircea Eliade, storico delle religioni, l’uovo sarebbe l’archetipo della creazione, della rinascita, della resurrezione.
Tra i reperti archeologici, non è raro ritrovare manufatti a forma di uovo, nell’arte, nell’architettura o nel permanere di certe manifestazioni popolari, come la questua primaverile di uova.
Tracce identitarie provenienti da antiche ritualità sembrerebbero rintracciabili anche in taluni reperti del Parco Regionale della Bessa, particolarmente in quei ciottoli a forma di uovo, rinvenuti presso alcune urne cinerarie, che rimanderebbero allo Spirito di vita, all’immortalità dell’anima, rappresentato dall’uovo-sepolcro del corredo funebre.
Nella cucina tradizionale l’uovo è presente nella preparazione di taluni dolci, impiegato per facilitare la lievitazione e per legare tra loro i diversi ingredienti.
Nei dolci, le uova sono protagoniste, lo sono ancor più in quelli preparati a Pasqua.
In “sa cogone de s’ou“, il pane rituale sardo donato ai bambini in questo periodo calendariale, vengono inglobate uova (intere, con guscio, sode, o tagliate a spicchi), trattenute da strisce di pasta in forma di croce.
A Pasquetta, in diverse località non solo italiane, tra i piatti della scampagnata fuori porta, è assai diffusa l’usanza della frittata con erbette. Nella campagna romagnola, durante il pranzo pasquale, a parenti e amici si regalano uova sode colorate con l’azzurro di certi fiori raccolti la mattina della festa, prima del suono delle campane.
I messaggi sonori delle campane pasquali (in Sardegna, regulas), “sciolte” dopo il silenzio del triduo pasquale, indicano l’inizio del tempo nuovo della rinascita, un momento “magico” per alcuni riti popolari: bagnarsi gli occhi con la rugiada (nell’Astigiano); esplodere salve beneaugurali (in Sardegna): simultaneamente, con lo sparo dei fucili durante la processione religiosa di “S’incontru“, la mattina di Pasqua, nelle case, le donne tracciano nell’aria larghi segni di croce, battendo gli attrezzi metallici della cucina, pronunciando scongiuri.
Nel periodo pasquale, anche nel Biellese sopravvivono forme rituali tradizionali con al centro l’uovo.
A Pralungo Sant’Eurosia, per esempio, fino a pochi anni addietro, molto partecipato era “cantar gli oeu“, la questua delle uova: una processione informale composta da bambini in abiti femminei che, cantando in falsetto, andava di casa in casa reclamando uova; a Camandona, località da cui proviene il Gipin, il principale personaggio del Carnevale biellese, il passaggio al centro del paese dei cacciatori con i trofei di caccia ben in mostra nel carniere, veniva ricompensato con uova.
Ancora oggi, alcuni fedeli usano offrire uova al sacerdote che, in primavera, passa a benedire le case.

Battista Saiu

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