Settembre 2023, una parola sarda al mese: “B” come “BURDU”

descrizioneRadici e semantica delle parole sarde, rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella

BURDU camp. ‘agreste, selvatico, rude’; (di fiori) ‘falso’: es. gravellu burdu ‘falso garofano’, etc.; (di bimbo o ragazzo) ‘bastardo, illegittimo, figlio naturale’. Si dice anche dei muri a secco (muru burdu), di suono che non rimbomba (sonu burdu); tue de sas Musas ses burdu ‘ tu sei orfano delle Muse’ (Gavino Contini). Altrove, es. a Dorgali, si dice anche gurdu.

La base etimologica è l’accadico urdum, (w)ardum ‘schiavo, servo’.

In sassarese a burdu si preferisce l’appellativo mediterraneo bałtáłdu, che riguardo alle cose ha senso di ‘innaturale, non autentico’; però vien riferito precipuamente al ‘figlio non riconosciuto’, un tempo detto ‘figlio di nessuno’. Secondo il Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, la voce bastardo sarebbe derivata dal fr. ant. bastard, di cui però nessuno si è presa la briga d’indagare l’etimo. Questa voce apparve scritta in Italia con Jacopone nel 1304-1313, ma già vigeva nel lat. med. bastardus (Salimbene, 1281-88), e ciò denota che la voce è mediterranea. DELI, attribuendo arbitrariamente un valore spregiativo al (supposto) suffisso it. –ardo, avvalora l’ipotesi dei tanti eruditi che pensano, in rapporto a un figlio illegittimo, che bastardo voglia riferirsi a chi è “nato sul basto (dell’asino)”. Ma questa ignominiosa ipotesi scaturisce dalla mente degli eruditi che non sanno mettere la mordacchia alla propria ignoranza, Com’è evidente, l’obbrobriosa forzatura manca di argomenti, poiché sia i glottologi sia i filologi romanzi non han voluto frequentare la Sponda Sud del Mediterraneo in cerca della verità.

Invero, bastardo è un composto semitico con base nell’accadico bâštu ‘dignità, orgoglio’ + (w)ardum ‘schiavo’. Quindi bâšt-ardum in origine significò ‘schiavo che ha dignità’ (contrapposto evidentemente a tutti gli altri schiavi, ai quali per definizione la dignità non era riconosciuta). Per capire questo concetto particolare occorre andare alla tradizione nobiliare medievale, allorché – causa le numerosissime premorienze dei bambini – i figli nati fuori del matrimonio erano tenuti in gran cura dai nobili e dai re, allevati e messi in riserva per una eventuale successione all’eredità o al trono in caso di assenza o premorienza dei figli legittimi. Di qui l’etimologia.

Una conferma di quanto sinora spiegato può provenire dall’ingl. coward ‘vigliacco, codardo’; cfr. log. e camp. covardu ‘vigliacco, vergognoso’; sp. cobarde. Base etimologica di coward è l’egizio ḥu ‘to lack, be in want’ + accadico wardum ‘slave, servant’.

Tra i tanti bastardi dei tempi andati, si possono citare Ebalus il bastardo (ca. 850 – ca. 934, sovrano franco, conte di Poitier e duca d’Aquitania); Bastardo d’Orleans, soprannome di Jean de Dunois, nobile e militare francese; Guglielmo il Bastardo, appellativo di Guglielmo il Conquistatore, re d’Inghilterra; Giacomo II di Lusignano, detto il Bastardo (1439 ca. – 1473), re di Cipro, di Gerusalemme e d’Armenia. Uno noto bastardo dell’antichità fu Perseo figlio di Filippo, che divenne re di Macedonia nel 179 a.C.

Salvatore Dedola, glottologo-semitista

Nell’immagine: l’incipit, “B”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009

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