Avvenire del 3 agosto pubblica i risultati di uno studio sul DNA: Nella popolazione isolana vi è la maggioranza delle varianti del cromosoma Y presenti nel continente europeo.
Gli europei? In fondo sono tutti un po’ sardi. Con buona pace dei “cultori” della razza pura (le cui teorie non hanno mai generato buoni frutti). Perché per conoscere la storia dell’Europa, le curiose vicende del primo popolamento del Vecchio Continente e per ottenere una stima (ulteriore rispetto a quanto già sappiamo) sull’epoca di origine dell’Homo sapiens moderno, occorre studiare il Dna dei sardi. Meglio, il cromosoma Y. Quello, per capirci, che viene trasmesso solo dai padri ai figli maschi e che nei maschi, appunto, non ha ricevuto “rimescolamenti” tra i contributi paterni e materni tipici degli altri cromosomi.
Insomma, osservando le mutazioni presenti su questo cromosoma, si ottiene una sorta di antichissima clessidra. O, se preferite rispettare il gergo scientifico, ecco la traduzione più appropriata: un “orologio molecolare”. Con il quale intraprendere un viaggio affascinante quanto remoto nel nostro passato. I ricercatori che lo hanno utilizzato, quasi fosse una macchina del tempo, sono risaliti ai progenitori africani di tutti gli uomini della nostra specie, vissuti circa 180.000-200.000 anni fa, un’epoca più antica di oltre 50.000 anni rispetto a quanto indicato dalla maggior parte degli studi precedenti. E questo grazie ai dati disponibili sui “campioni” sardi.
Così, grazie a questa clessidra, è stato possibile scoprire che nella popolazione isolana vi è la maggioranza delle varianti del cromosoma Y presenti nel continente europeo. La ricerca, compiuta sul Dna di 1.200 sardi (un’ampiezza record), ha ottenuto una delle vetrine più prestigiose al mondo: quella delle pagine di Science. Ed è stata condotta, primariamente, da tre gruppi. Manco a dirlo sardi: l’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Irgb-Cnr) di Monserrato (Cagliari), il Centro di sequenziamento e supercalcolo del Crs4 e l’Università degli studi di Sassari, che hanno utilizzato le più avanzate tecniche di sequenziamento del genoma. Allo studio hanno collaborato anche le Università di Pisa, di Bilbao e due centri americani: l’Università del Michigan e il National Institute on Aging di Baltimora.
In soldoni: circa 3 miliardi di elementi (basi) del Dna, circa il 99,8%, sono uguali per tutti. Ma lo 0,2% differisce.Continua a leggere →