Tre giorni di festa in occasione dell’Incontro tra Cori promosso dal Coro Burcina

Salendo su per lo stretto vicolo del Bellone mi rendo conto che le scarpette con tacchi alti mi obbligano ad acrobazie cui non sono più abituata da tempo! Passo davanti alla sinagoga. Pare una comune antica casa di borgo. La porta, così usuale, ben la occulta agli occhi del viandante, così come vuole la tradizione… eppure la comunità ebraica è presente al Piazzo di Biella fin dal 1300!
Arrivo sino al Palazzo del Comune. Sotto il porticato il gruppo dei coristi sardi, in costume caratteristico, prepara la voce con intonazioni e vocalizzi di varia ampiezza. Mi soffermo un attimo ad ascoltare, catturata. Proseguo per la chiesa di S. Giacomo e non posso che indugiare per ammirarla. La costruzione medievale ha subito molti restauri dal 1180 ad oggi, ma la facciata conserva ancora la decorazione gotica caratteristica, con le sue arcatelle in cotto e i tre pinnacoli. Il portico a tempietto, costruito nel 1600 per celebrarvi la prima parte del rito battesimale, quasi un po’ stona con il resto dell’edificio così semplice. La chiesa è gremita, fa caldo e…ahimè…l’unico posto a sedere è sulla panca vicina al confessionale. Da qui non potrò vedere molto dello spettacolo che si terrà questa sera ma…pazienza… almeno eviterò di stare in piedi!
Dopo il saluto delle autorità, il Coro Burcina di Biella apre la serata con il “Plaisir d’amour”. Emozionante.
Seguono altri cinque brani di un’intensità vocale vivissima. Ne “La ballata del soldato” rivivo per un momento l’atmosfera che mio padre sapeva creare quando, da piccoli, ci raccontava le vicende belliche legate alla Resistenza. Divertentissima “The lion sleeps tonight”. Ti fa venire il desiderio di mimare le movenze del re leone e, per un attimo, diventare bambino! Il Coro Le Chardon di Torino si esibisce con brani particolari, anche non tradizionali, come in “Non aprite quella porta” o “La luce del giorno”.
Essi hanno la forza di farti visualizzare scenari contemporanei dove il vissuto, nella sua quotidianità, assume i contorni della particolarità e dell’originalità. Quando tocca ai coristi di Florinas, in costume sardo, è come aprire un album fotografico sui paesaggi di Sardegna…Pennellate vocali di intensità e altezza diverse si uniscono, s’intrecciano, si distinguono caratterizzando l’esibizione. I testi in logudorese mi rimangono completamente ermetici… un’altra lingua… mi pare di cogliere suoni della fonetica greca, talvolta latina, forse portoghese… come vorrei conoscere quel dialetto! Mi parrebbe così di assaporare meglio un’appartenenza che so esistere più con l’anima che con le origini, ma non per questo sento meno vera. Di lato al confessionale, non posso vedere l’avvicendarsi dei coristi che si esibiscono nell’abside di S. Giacomo. Mi concentro quindi sulle voci e … sogno… La voce… La voce è l’espressione umana della razionalità, della creatività, del sentimento, dell’individualità che si muove all’esterno, in direzione della socialità. Il “dentro” che si manifesta “fuori“. Attraverso la Voce si possono esprimere le abilità musicali dello strumento “corpo“.
Questa sera la musica è davvero originale!
Non ci sono violini, pianoforti, arpe o cembali a produrla, ma “solo” dei corpi umani.
Ognuno con la sua individuale espressione, inimitabile, come una specie di impronta digitale vocale. A tratti visualizzo con l’immaginazione dei flash in cui mi sorprendo a cantare con un piccolo gruppo all’interno di una cripta sotterranea precristiana.
Le voci si abbracciano e disegnano nell’aria schemi virtuali dal potere terapeutico. Qualcosa di arcaico mi sfugge… e vengo completamente affascinata dall’idea del potere terapeutico della Voce.
Penso alla grandezza del Cristo che con la potenza della Voce risuscita Lazzaro. Sento la voce dell’Assessore alla Cultura di Biella, Giulio Salivotti. Sta ringraziando il presidente di “Su Nuraghe” per l’ospitalità generosamente offerta ai coristi sardi in questi giorni di permanenza nel Biellese. Il prof. Battista Saiu, di rimando, ricorda che la fratellanza tra Piemonte e Sardegna è molto antica e che a Biella le radici cristiane parlano sardo! Fu infatti Sant’Eusebio da Cagliari, nel VI secolo, a portare il culto della Madonna Nera venerata a Oropa.
Da allora essa dimora nel sacello della Basilica Antica continuando a dispensare grazie ai molti devoti che la invocano in soccorso. Ne sono testimoni i numerosissimi ex-voto esposti nelle gallerie del Santuario e aperte ai visitatori … Poi non odo più nulla. Né voglio sentire per alcuni istanti nulla al di fuori della Voce che mi parla al cuore.

Maria Grazia del Fabbro

Tre momenti significativi per l’amicizia sardo-piemontese

Giugno, la Festa Sarda -Luglio, incontro tra il Coro sardo Florinas, il Coro biellese Burcina e il Coro torinese Le Chardon – Novembre Su Nuraghe in Musica

Stiamo andando incontro alla primavera 2006 con la segreta speranza che sboccino per noi, per tutti, nuovi fiori di positiva creatività. Partecipiamo con entusiasmo alle iniziative culturali del Circolo perché sappiamo che troveremo ogni volta una serata piacevole, una qualche intima sorpresa che ci fa gustare attimi di spensieratezza. Tra giugno e ottobre ci sono stati tre momenti significativi per l’amicizia sardo-piemontese. E qui, cosa tutt’altro che desueta, è stata ancora una volta la musica il linguaggio comune, il trait d’union che rafforza un antico legame tra due regioni amiche che si “frequentano” da tempo. A giugno si è svolta a Biella, nel piazzale della Palazzina Piacenza presso il chiostro di san Sebastiano, la Festa Sarda apertasi con lo spettacolo danzante del gruppo folcloristico “Santa Lucia” di Lodè (Nu). La fisarmonica di Paolo Canu ha vivacemente accompagnato l’esibizione, suscitando emozioni che trovano origine nelle antiche credenze popolari e culturali tramandate a noi attraverso secoli di sentite interpretazioni coreutiche e musicali.
Impossibile non lasciarsi sedurre dalla ricchezza cromatica dei costumi femminili, preziosamente ricamati a mano. Massimo Zaccheddu ha cantato Deus ti salvet Maria e Su Perdonu ed è stato un trionfo quella voce emozionale che a tratti ha sfiorato punte di sacralità, invitando quasi al raccoglimento interiore. Fausto e Antonella Farris, chitarra e voce, hanno proposto brani tradizionali dell’Isola di Sardegna. I Fucilieri di Su Nuraghe, sparando salve beneaugurali, hanno dato inizio all’inaugurazione della nuova “Piazzetta Alberto Ferrero della Marmora”, all’incrocio tra via De Fango e via Quintino Sella, davanti alla basilica di S. Sebastiano, dove Padre Accursio ha officiato sa Missa Majore. Nei saloni della Banca Sella è poi seguito il pranzo sociale, con la tradizionale “Breveghe in cappotto“, preceduto dall’aperitivo.
A luglio si è celebrato un gemellaggio “vocale” tra l’Isola e il Piemonte. Sono arrivati, direttamente dalla Sardegna, i coristi di Florinas. Si sono esibiti al Piazzo, indossando i loro costumi tradizionali.
La chiesa di S. Giacomo, gremita di gente al punto da non trovare posti a sedere, è stata il teatro ideale per uno spettacolo che ha coniugato rispettosamente il sacro e il profano dei canti corali. I cantori di Florinas, insieme ai “colleghi” biellesi del Coro Burcina e ai torinesi del Coro Le Chardon, hanno dimostrato un’eccellenza canora che è il risultato di ore e ore di prove, di serate trascorse nel gruppo a intonare e a modulare sapientemente questo strumento formidabile, e oserei dire ..unico.. rappresentato dalla voce. L’inizio d’autunno ci ha riservato ancora una piacevole sorpresa sonora con una serata d’arte musicale davvero eccellente che ha suggellato, per il 2005, l’amicizia tra Piemonte e Sardegna. Arrivando al circolo siamo scesi giù per le scale… due piani sotto, fino alla biblioteca.
Rivivo quel piacevole momento. Abbracci, saluti, sorrisi… c’è un po’ di gente, ma … dove sono gli artisti? Ah, ecco Massimo Serra… sta cordialmente dialogando con il presidente del circolo. Il batterista capitano del gruppo ha un cognome che tradisce le sue origini sarde. Ha un sorriso contagioso, Massimo.
Quando cammina lo fa con la scioltezza di chi ha il ritmo che scorre nelle vene. Credo che il ritmo sia il suo respiro… il respiro di chi vive con e per la musica. Prende posto alla batteria. Due rullate per saggiare l’acustica e per mettersi in sintonia con “lei“. Presto è raggiunto dai compagni. Si accordano chitarra e basso. Si provano i microfoni. La tastiera è pronta per partire e il pianista Emanuele Dicembrino, attraverso i suoi occhiali rettangolari che gli danno un’aria “contemporanea”, ha tutto sotto controllo.
Di tanto in tanto inarca le sopracciglia ritmicamente e… osserva il pubblico, sorridendo. È un simpatico gioco che crea rapidamente empatia fra artisti e spettatori! Qualche volta mi è capitato di ascoltare, piuttosto distrattamente devo dire, pezzi di Bill Evans, Chet Baker o di Gerry Mulligan, dedicandovi lo stesso disimpegno con cui si ascolta l’autoradio durante lunghi viaggi in autostrada.
Pur apprezzandone il genere, distinguere brani cool jazz da altri free jazz è per me più una questione d’intuito che non di conoscenza.
Resto completamente catturata dalle sonorità espressive che il gruppo sa creare. Paola Grazioli, voce del gruppo particolarissima e molto amabile, accompagna e sottolinea l’esibizione per tutto l’itinerario musicale, punteggiandolo con note storiche informative, decisamente utili a noi profani. Si parte dalla musica nera africana, si attraversa il blues, il jazz, il punk inglese… eccellenti brani che percorrono il Novecento e che vanno da Miles Davis a Duke Ellington, da Norah Jones a Michael Boublè, da George Gershwin a Tuck & Patty, da Aretha Franklin a Sting, abbracciando il mondo dall’America all’Europa e viceversa… A sorpresa, in chiusura, spuntano persino … nostrani e mai dimenticati Battisti e De Andrè! Mauro Fregonese, il bassista preciso e serissimo del gruppo, appoggia Nicola Boschetti, il chitarrista eclettico, eccentrico e creativo che riesce a intessere dialoghi musicali con i compagni del gruppo e con il pubblico, segnandoli con una colorita e originalissima interpretazione. I cinque ragazzi di Serrabanda “discutono” appassionatamente, passando dall’aria di ribellione del be bop all’atmosfera quasi rarefatta del cool jazz, dal colore della musica etnica e della fusion alle sonorità internazionali della world music. E riescono a comunicarci emozioni che animarono quei compositori-musicisti, creando tappeti soffici in cui c’è spazio anche per improvvisazioni ed assoli, dove la contaminazione è un’esperienza produttiva di crescita tecnica ed artistica… oltre le frontiere continentali o regionali, in stupendi scambi di arte e cultura. Tutto finisce. Un rinfresco a base di “mustazzolos” di Oristano e bionda Vernaccia ci riporta in via Galilei. I musicisti apprezzano il brindisi e i nostri applausi, sinceri accorati… meritati.
Ragazzi, tornate presto a intrattenerci.

Clipea

I Sardi di Biella nel ricordo dell’amico ing. Ermanno Strobino

Donati dalla Famiglia Strobino sedici piccoli frammenti che profumano ancora di terra sarda

Dieci anni. Sono ormai trascorsi dieci lunghissimi anni dal giorno in cui avevi deciso di andartene, di lasciare questa tua sofferta esistenza terrena, forse con la speranza di trovare, almeno nell’aldilà, quella serenità invano cercata e agognata negli ultimi tuoi terribili cinque anni di vita.
So che non dovrei più parlarne, ma non riesco proprio a dimenticare ciò che hai passato in quegli ultimi lunghi anni, per te interminabili, difficili, pesanti come macigni, anche perché condizionati da quella misteriosa quanto indesiderata forza, impietosa e malefica, che ti remava contro. Avversità capaci di demolire e corrodere irrimediabilmente anche un carattere come il tuo, forte, roccioso, oltre alla prorompente forza morale che accompagnavano ogni tuo passo, ogni tuo gesto, ogni tua azione.
Doti straordinarie, che trasmettevano serenità e fiducia alle persone che ti circondavano e stimavano, come incutevano soggezione, timore e fastidio a quanti la pensavano diversamente, solo perché eri diverso da loro, perché ti invidiavano, ti temevano, forse ti odiavano, proprio a causa di quel tuo carattere forte, che ti portava sempre a dire con schiettezza ciò che pensavi, senza usare giri di parole o anonimi intermediari per mandarle a dire ai legittimi destinatari, i tuoi tanti detrattori, appunto.
Coloro che, pur consci di trovarsi di fronte a un uomo profondamente onesto e leale, oltre che disponibile e generoso con tutti, soprattutto con quelli più bisognosi e deboli, combattevano aspramente, non solo per indurti a recedere dai tuoi progetti, ad abbandonare gli spazi che ti conquistavi e che ti competevano, ma per disarcionarti dalla sella, annientarti, cancellarti.
E per farlo hanno sempre usato mezzi e armi d’ogni genere, quelle cosiddette improprie, tanto per usare un eufemismo, perché diversamente non sarebbero mai riusciti nel loro intento, che era quello di eliminare uno che “dava fastidio”, perché la tua filosofia di vita conosceva un solo credo, mirare e sparare sempre dritto al cuore del bersaglio prescelto e a ragion veduta, mai in mezzo al mucchio.
Ecco, a tradirti, voltandoti conseguentemente le spalle e contribuendo ad affossarti definitivamente (è un’affermazione convinta, non la solita metafora), è stata proprio questa tua mancanza di diplomazia, meglio nota anche come l’arte del “dire e non dire”, piuttosto che della menzogna o della falsità, una sorta di arma virtuale, ma sottilmente, silenziosamente e inesorabilmente letale se usata con la volontà di arrecare danno, di fare del male. E loro, i tuoi “nemici” di allora, la seppero usare al momento giusto, senza pietà.
Sono dieci anni che te ne sei andato, uno spazio temporale tradizionalmente ritenuto da molti una vera e propria eternità, spesso sufficiente per lenire ogni ferita, anche la più profonda, di cancellare ogni torto, di spazzare via anche le ultime tracce di un grande sentimento, per quanto profondo e sincero.
Ma non il roccioso ricordo inciso nel cuore dei tuoi tanti amici, quelli veri, prevalentemente Sardi, per quanto mi risulta, compreso il sottoscritto, che hanno avuto il piacere e l’onore di conoscerti, di ammirarti, stimarti e di rispettarti, come sanno fare solo i figli “autentici” di quella splendida Isola sarda, che anche tu dicevi spesso di sentire come una madre.
In molti, credo, il prossimo 18 del mese di maggio, allo scoccare del decimo anniversario dalla tua morte, ricorderanno con rinnovato amore e tanta struggente nostalgia la tua straordinaria figura.
Una ricorrenza molto triste, che tutti noi avremmo forse vissuto individualmente e in un clima di doloroso quanto profondo silenzio, ma che, al contrario, vivremo invece insieme ai tuoi figli, Fabrizio, Paolo, Riccardo, e alla tua consorte, signora Eta che, sicuramente convinti dalla robustezza del nostro indissolubile legame, per rinnovare questo straordinario rito del ricordo hanno voluto donare al Circolo Su Nuraghe, che è stato e resterà per sempre anche il tuo Circolo, 16 splendidi tuoi doni, tra quadri, miniature e sculture, tutti riconducibili e legati alla tua e alla nostra amata Sardegna. Sedici piccoli frammenti di Sardegna, che profumano ancora della terra sarda, raccolti da te nel corso del tuo lungo e appassionato rapporto d’amore con la nostra isola.
Tutti oggetti che, proprio perché raccolti e conservati con autentico amore, prima da te poi dalla tua famiglia, custodiscono, forse, ancora altrettante splendide storie, che io e i tanti altri tuoi amici avremmo voluto che tu ci raccontassi.

Franco Piras

Biella: Omaggio ad Alberto Ferrero Della Marmora

Domenica 30 Aprile, ore 10,30 – Basilica S. Sebastiano, memoria in ricordo dello studioso amico della Sardegna
Alla fine della cerimonia religiosa salve beneaugurali dei Fucilieri di Su Nuraghe sulla nuova “Piazza Alberto Della Marmora”

Dopo decenni di assordante silenzio, finalmente, anche Alberto Ferrero Della Marmora gode qui a Biella del dovuto riconoscimento. A quasi dodici mesi ormai dall’inaugurazione della piazzetta a lui intitolata, infatti, il Circolo Su Nuraghe ha deciso di festeggiarne l’anniversario, rendendo nuovamente omaggio alla memoria di un personaggio biellese, notoriamente amico della nostra Terra e della nostra gente, che proprio nella sua città era stato quasi dimenticato.
Per questo motivo il prossimo 30 aprile (Alberto era nato il 7 Aprile 1789), si terrà una cerimonia in suo onore. Si partirà con la tradizionale Messa, celebrata nella basilica di san Sebastiano, al termine della quale avverrà la deposizione di fiori, decorati con rami di mirto e corbezzolo, vicino all’insegna della nuova piazza a lui dedicata tra via De Fango e via Quintino Sella. In questo modo il Circolo lo ricorderà proprio a due passi dalla chiesa che ne ospita le spoglie mortali. È soltanto un gesto semplice e piccolo, che appare doveroso nei confronti di chi, giunto in Sardegna, non considerò l’Isola una terra di conquista abitata da barbari, come troppo spesso è accaduto nella storia, ma un oggetto di studio dal punto di vista culturale, etnologico, geografico e archeologico, rispettando le usanze e le tradizioni della popolazione. Un esempio di tutto ciò sono i numerosi studi condotti sulla Sardegna. Alberto La Marmora, durante il suo soggiorno in Sardegna, durato 13 anni 4 mesi e 17 giorni, percorse l’isola in lungo e in largo con l’intenzione di disegnarne la carta geologica appoggiandola a quella geografica già da lui costruita e pubblicata dal Rizzi-Zannoni. Alla fine l’opera, fatta incidere a Parigi e pubblicata in due fogli nel 1845, rimase per oltre mezzo secolo la migliore rappresentazione cartografica dell’Isola. Non è un caso in fondo se ancora oggi la punta più elevata del Gennargentu porta il suo nome, il nome di chi per primo ne riuscì a misurare l’altezza.
Vanno poi ricordate le opere descrittive Voyage en Sardaigne del 1857 e L’itineraire de l’Ile de Sardaigne del 1860, la cui pubblicazione gli costò 30 mila franchi, che si andarono ad aggiungere agli 80 mila già spesi per la Carta di Sardegna del 1845 e senza contare le spese di viaggio.
Una somma notevole per il tempo, “sacrificata” per l’illustrazione e l’approfondimento delle caratteristiche della nostra terra. Alla luce di tutto ciò e degli oltre cinquanta lavori scientifici da lui compiuti in Sardegna, anche l’inaugurazione della piazzetta avvenuta nel giugno scorso, unico caso in tutta la penisola, assume un’importanza simbolica non indifferente.
Perché, anche se a Biella il suo nome stava iniziando a sbiadire, noi Sardi, si sa, e molti ce lo riconoscono, siamo riconoscenti e non dimentichiamo gli amici della nostra Terra, ricambiandone l’amore e l’amicizia.

Matteo Floris

Feminas e homines, la festa della donna a Su Nuraghe di Biella

La mostra “Feminas e Homines di Su Nuraghe”, inaugurata sabato 4 marzo alle ore 21 nei saloni della Biblioteca Su Nuraghe di Biella ha visto una grande partecipazione per una serata tutta all’insegna dell’amicizia e della cordialità, con la presenza di numerosi Associati e rappresentanti delle Istituzioni civiche nelle persone di Diego Siragusa (assessore al bilancio), Nicoletta Favero (assessore alle politiche sociali), e di Vittorio Caprio, presidente del Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio-Assistenziali (IRIS).
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