Autunno, stagione «di mezzo», tempo di fine, tempo di inizio

Sabato 30 ottobre, ore 21, al Circolo Su Nuraghe di Biella – nuovo appuntamento con i Sapori di Sardegna – Antonietta Ballone di Mara de Caputabbas preparerà “sos papassinos maresos” – come preparare i dolci per allestire il “tavolo dei morti” – degustazione e ricetta

Antonietta Ballone
Antonietta Ballone presenta un cesto con papassinos maresos e piccole forme di pane per provare la temperatura del forno.

Davanti ai nostri occhi sussistono riti e ritmi quotidiani di antica origine, i quali, oggi, vengono dati per scontati o sono del tutto dimenticati o ignorati dai più ((Cfr. E.Bianchi, Il pane di ieri, Einaudi, Torino 2008, pp. 39-45, circa il tema esemplare del pane.)). Le consuetudini e gli appuntamenti di calendario, in particolare, possono dare luogo ad un tempo non monotono ed uguale a se stesso, bensì a quello che gli antichi Greci solevano chiamare kairós, ossia un intervallo temporale preciso, decisivo ed attivo ((Cfr. L.Coco, Piccolo lessico della modernità, Qiqajon, Comunità di Bose 2009, voce Tempo. Ed anche: A.Cattabiani, Calendario, Mondadori, Milano 2008, p. 38.)). Uno di questi aspetti è facilmente riscontrabile con riferimento all’alternarsi delle stagioni e in stretta connessione alla dualità «tempo del lavoro – tempo della festa», un binomio temporale ed, insieme, esistenziale ((Cfr. le emblematiche endiadi esistenziali nel Libro del Qohélet, Cap. III, 2-8.)), senza il quale non si avrebbe alcuna Comunità umana ((Cfr. A.Monchiero, Il tempo del lavoro e il tempo della festa, in Slowfood, Ottobre 2008, p. 12. Nonché: P.Grimaldi, Il teatro della vita. Le rappresentazioni dell’etnodiversità, in P.Grimaldi – L.Nattino, Il teatro della vita. Le feste tradizionali in Piemonte, Omega, Torino 2009, p. 7.)).
Cibo, musica, teatro, narrazione e danza, tanto più se realizzati a livelli di eccellenza, costituiscono, in particolare, specie nel mondo rurale e pastorale, lo strumento principe per la socializzazione, per il riposo dalle fatiche del lavoro, per la pacificazione inter-relazionale e, in taluni casi, per la guarigione non solo fisica, favorendo, al contempo, la trasmissione della Tradizione ((Cfr. P.Grimaldi, cit., pp. 7-14; A.Monchiero, cit.)). Infatti «I riti della semina e del raccolto, il battito cardiaco della festa (un tamburo, una corda pizzicata, i colpi dei piedi nella ginnastica della danza) così come la lamentazione funebre costituiscono, al pari della manualità delle massaie e dei saperi empirici dei contadini, il patrimonio genetico di una comunità di destino ((Cfr. A.Monchiero, cit.))».
L’Autunno costituisce un tipico esempio di tutto ciò, nel cui fulcro si evidenziano le cadenze e le occasioni umane di quella che può essere definita la stagione ciclica “di passaggio” per eccellenza, caratterizzata da una notevole ricchezza di simbolismi e di costumi locali.
Il mese di Settembre, denominato in sardo Capidanni o Cabudanni ((Cfr. le varie edizioni di Su Calendariu del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella.)), evocando sia l’inizio della transizione della natura verso la notte ed il freddo, sia il periodo della vendemmia e della raccolta dei frutti più dolci, contrassegna, in un certo modo, il compimento e l’esordio del calendario agricolo ((Cfr. A.Cattabiani, Lunario, Mondadori, Milano 2002, pp. 309-310.)), come bene testimoniano diverse usanze riscontrabili nel cd. Piemonte Fiorito ((A riguardo si vedano le notizie pubblicate su questo sito.)) e nelle festività dedicate all’Esaltazione della Santa Croce, alla Vergine Maria ed agli Arcangeli ((Cfr. A.Cattabiani, 2002, pp. 317-321; A.Cattabiani, 2008, pp. 282-299.)), e sul quale poi si è incardinato, anche per ragioni pratiche, l’esordio dell’odierno calendario scolastico italiano.
Non è un caso che nel momento intermedio di questa stagione, il I° Novembre, sia stata collocata, sin dall’835, la festa cristiana di Tutti i Santi, ossia la celebrazione del mistero della santità cui sono chiamati tutti gli uomini, in stretta connessione ed in anticipo cronologico rispetto alla più risalente commemorazione dei defunti, datata il 2 Novembre, in ragione del periodo di crepuscolo nel quale si celebrava la dipartita ad altro mondo e che, grazie al Redentore, è ormai superata dalla promessa della resurrezione nella comunione dei santi alla fine dei tempi ((Cfr. A.Cattabiani, 2002, pp. 357-362; A.Cattabiani, 2008, pp. 303-313; O.Clément, Le feste cristiane, Qiqajon, Comunità di Bose 2000, pp. 89-93.)).
L’11 Novembre è posta la festività di San Martino di Tours, in esatta corrispondenza temporale con antichi primi dell’anno precristiani celebrati con feste e banchetti, e momento nel quale cominciavano, in passato, le attività dei tribunali e dei parlamenti, si tenevano le elezioni municipali, si pagavano e si siglavano le obbligazioni di ambito agricolo, nonché si procedeva ad operazioni di trasloco, mentre oggi, quale retaggio di tutto ciò, è ancora possibile assistere all’inaugurazione degli anni accademici di alcune Università in prossimità di tale data ((Cfr. A.Cattabiani, 2002, pp. 364-366; A.Cattabiani, 2008, pp. 313-318.)).
Nello stesso undicesimo mese dell’anno solare, infine, sono state fissate la fine e l’inizio dell’Anno Liturgico Cattolico ((Cfr. A.Cattabiani, 2008, pp. 37-45.)), segnati, rispettivamente, dalla festa di Cristo Re dell’Universo ((Cfr. A.Cattabiani, 2008, pp. 320-323.)) e dalla prima Domenica di Avvento ((Cfr. A.Cattabiani, 2008, pp. 49-50; O.Clément, cit., pp. 15-17.)), quest’ultimo tempo di attesa di quattro settimane, il cui esordio è fissato nel calendario bizantino il 15 Novembre, e che si riferisce alla venuta del Salvatore, evento calendarizzato in prossimità del Solstizio Invernale, momento a partire dal quale l’orbita del sole riprende a crescere sulla volta celeste.

Gianni Cilloco

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