Sardi e Biellesi, storie che s’intrecciano attraverso Sant’Eusebio

Sardi davanti alla basilica antica di Oropa

Altre immagini della giornata ad Oropa

Con l’arrivo della primavera, anche il santuario mariano eusebiano alpino di Santa Maria di Oropa si anima di nuova vitalità: pellegrini che arrivano da ogni parte, non solo dal Biellese. Così è stato domenica scorsa, con lunga fila davanti alla Porta Santa. Nella basilica antica straripante fedeli, ai piedi della Madonna Nera la Comunità dei Sardi di Biella si è unita in preghiera. Molti hanno indossato gli abiti festivi delle tradizione per partecipare alla Santa Messa officiata da don Edoardo Moro, canonico del Capitolo di Santo Stefano, decorando la celebrazione eucaristica con canti liturgici in Limba mama, in lingua materna, intonati dalle Voci di Su Nuraghe, coordinate da Giacomo Canu, dirette da Renzo Boin, accompagnati all’organo da Roberto Perinu, a significare anche nelle melodie e nelle parole, il profondo antico legame che unisce Isola e Genti alpine.
La memoria popolare e le numerose lapidi, murate durante i secoli sulle pareti dell’antica basilica oropense, raccontano la storia che, ad un tempo, è storia sarda e storia biellese, attraverso il Vescovo Eusebio, primate di Vercelli: Sant’Eusebio – sardus natione – nato in Sardegna alla fine del III secolo, è emigrato, ancora bambino da Cagliari, dove esiste l’antica chiesa ipogeica intitolata a Santa Restituta, madre di Eusebio.
Giunto a Roma, il piccolo Eusebio frequentò la Schola insieme al futuro Papa Liberio, divenendo lettore nella chiesa perseguitata di Roma. Dopo l’Editto di Costantino Magno I, il 16 dicembre dell’anno 345, papa Giulio I lo nominò primo vescovo di Vercelli. Così iniziò la sua missione ai piedi delle Alpi, evangelizzando le terre a lui affidante nel nome di Maria “Deipara”, Madre di Dio, introducendo a Crea e ad Oropa il culto di Santa Maria, ancor oggi venerata nell’antica effigie che la raffigura come Vergine Bruna. Rimando al biblico “Nigra sum sed formosa filiae Jerusalem”, la sposa del Cantico dei Cantici o, secondo altri, ai sostituiti idoli – alle Deae Matres o Matronae, le Dee Madri dei Celti – ad opera di Eusebio.
Alla fine della Messa, don Moro ha benedetto il grano portato dalla Sardegna. Distribuito tra i fedeli per farlo germinare, la sera di Giovedì Santo verrà portato in chiesa nelle parrocchie di appartenenza per decorare l’altare del Santissimo Sacramento.

Simmaco Cabiddu

Nell’immagine in alto: Sardi davanti alla basilica antica di Oropa con lo stendardo processionale di Santa Maria e sant’Eusebio


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