La lavorazione del burro, “l’oro del montanaro”, al Museo delle Migrazioni di Pettinengo

Pettinengo, Museo delle Migrazioni, pannello dedicato a Pietro Foddanu

Museo delle Migrazioni, Cammini e Storie di Popoli di Pettinengo – via Fiume, 12, visitabile tutte le domeniche dalle ore 14:30 alle ore 18:30 – Info e prenotazione: Idillio, 3343452685 – Ingresso libero.


Il Museo delle Migrazioni di Pettinengo, inserito anche quest’anno nella Rete Museale Biellese, ospita al suo interno una collezione di marche da burro biellesi davvero unica. Gli stampi – insieme a molti altri oggetti della cultura materiale contadina – sono stati raccolti da Pietro Foddanu, noto architetto e insegnante di Biella di origini sarde, e poi alla sua morte – avvenuta nel 2011 – messi a disposizione del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe, di cui per anni è stato amministratore. Nel corso della sua vita di ricercatore e divulgatore della tradizione, Foddanu ha condotto studi approfonditi sulle case rurali alpine, eseguendo anche rilievi di antiche cascine, baite e alpeggi della Valle Oropa e del Sessera. Suoi accurati disegni sono stati pubblicati nel 1966 nel libro Alpeggi Biellesi, di Giacomo Calleri.
Le marche da burro, utilizzate normalmente in cascina fino alla fine degli anni sessanta del secolo scorso servivano principalmente a distinguere il prodotto, un vero e proprio marchio di fabbrica, insomma. Ma avevano anche altre funzioni importanti, una era quella di impedire che il rivenditore potesse “fare la cresta” ovvero barare sul peso raschiando via la parte sulla superficie del panetto (in pratica il rilievo ornato a simboli impresso nel burro corrisponde alla zigrinatura delle monete d’oro e d’argento). Un’altra funzione era quella che gli antropologi chiamano “apotropaica”, ovvero scaccia-spiriti.
Le marche da burro sono una delle espressioni più vivide dell’arte popolare, con i loro disegni incisi a punta di coltello dal pastore mentre all’alpe accudisce alle “bovine” come si diceva un tempo. E non si tratta di semplici ornamenti geometrici, bensì di segni legati alla famiglia, tramandati di generazione in generazione, oppure spesso di simboli antichissimi, ancestrali, provenienti da molto lontano, sia dal punto di vista geografico che temporale. Come il Fiore della Vita (da noi Sole delle Alpi) che si ritrova in tutte le tradizioni religiose del mondo antico, dall’Egitto al Tibet. O il nodo di Salomone, la croce, la stella a sei e sette punte, fiori, animali ecc.
Simboli che sono impressi nel burro, l’oro del montanaro, a sua protezione scaramantica, perché alimento e merce di scambio preziosissima nell’economia della montagna fino a poco più di sessant’anni fa.

Michele Careddu

Nell’immagine: Pettinengo, Museo delle Migrazioni, pannello dedicato a Pietro Foddanu

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