Marzo, una parola sarda al mese: “O” come “Ogliastra”

Radici e semantica delle parole sarde, rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella

incipit O, in Giampaolo Mele, Die ac NocteOGLIASTRA, coronimo sicuramente arcaico che si perde nella notte dei tempi. Gli storici non sanno cavar piedi da questo nome, apparso nelle carte del Medioevo prima come pertinenza del giudicato di Gallura, poi come pertinenza del giudicato di Kalaris, poi come pertinenza degli Arborea, infine come feudo aggiudicato dai Catalani invasori.
Gli storici pensano all’olio, oppure all’aguglia (e con poca fantasia, pensano ad una delle due guglie lungo le falesie marine di Baunei). Ma liquidare un etimo con altri nomi assonanti non è mai stato un bel modo di risolvere gli etimi, se prima non sottoponiamo a critica quegli stessi nomi. Occorre intanto dichiarare che in Ogliastra non si può parlare di olio, poiché è verosimile che il coronimo sia arcaico (vecchio di almeno 6000 anni), e gli ulivi antichi che ci rimangono (oltre quelli millenari di S.Maria Navarrese), sono gli ulivastri sull’altopiano di S.Pietro a Baunéi. Poca cosa. Persino Ulìana (Oliena) non ebbe attinenza con gli ulivi.

Tralascio intanto le guglie di Baunéi. Nell’analizzare il coronimo Ogliastra debbo purtroppo scartare tutta la toponomastica similare, come l’abbinamento con Olièna, quello col Monte Olìa, quello con Perda Iliana, col cognome Olianas, col cognome Olibas, col cognome Olivari, con ollioni, col cognome Olla, col cognome Ollanu, col toponimo Ollastra, col toponimo Ollolai, con Ololbitzi, con Olosi.

Nel cercare di dipanare un coronimo occorre mirare esclusivamente a come doveva essere il paesaggio fisico e antropico 3-6000 anni addietro. Penso addirittura all’era Paleolitica, a 20 o 30.000 anni fa, quando l’uomo, per tagliare una canna o un arbusto tenero, doveva utilizzare esclusivamente altri arbusti secchi ma robusti, con la punta indurita al sole e sfregata su roccia solida, in modo che diventasse tagliente. È così che l’uomo del Paleolitico procedeva a tagliare qualcosa di tenero. Mentre le cose dure le prendeva a colpi di pietra, finché non cedevano.

A mio avviso, Ogliastra ha questo nome da epoca Paleolitica, allorché si aveva mente economica e si badava esclusivamente a ciò che un determinato territorio poteva garantire per la sopravvivenza. Per me, l’Ogliastra in quei tempi poteva garantire principalmente l’allevamento ovi-caprino. Ed ecco quindi che, tra una decina di “fonti” onomastiche prese dal dizionario sumerico (che tralascio per brevità), scelgo la parole più consone all’indagine, che sono uḫul ‘sheep’ + ašte ‘insediamento’. Quindi uḫul ašte ‘insediamento di ovi-caprini’, ‘luogo a vocazione ovicaprina’. Col passare dei secoli uḫul ašte adattò la pronuncia e passò da uḫul a *ugli, mentre ašte aquisì la –r– tipica del parlare sardo (vedi minca – mincra).

Salvatore Dedola,
glottologo-semitista

Nell’immagine: l’incipit “O”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009

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