Febbraio 2022, una parola sarda al mese: “C” come “CUILE”

incipit C in Giampaolo Mele, Die ac NocteRadici e semantica delle parole sarde, rivisitate mediante i dizionari delle lingue mediterranee (lingue semitiche, lingue classiche). Laboratorio linguistico, di storia e di cultura sarda a Biella

CUILE log. ‘ovile’, sassar. cuìri, camp. cuìlì, sd. centr. cubìle ‘ovile’, ‘sito di ricovero delle pecore’; ma gallur. cuìli ‘covile, covo, tana’. Wagner (e altri) scrive che sd. cuìle deriva dal lat. cŭbīle ‘giaciglio di uomo e d’animale’, anche ‘talamo’ < lat. cŭbo ‘essere disteso, sdraiato sopra un giaciglio’. Ma intanto va notato che il derivato italiano covìle significa ‘tana di animali selvatici’, nient’altro. Così è inteso pure in Sardegna quale originario significato, mentre la semantica di ‘ovile’ sembra derivata. Si può dire senz’altro che tale termine, coevo della Sardegna e del Lazio, sia mediterraneo. Quindi quello latino non è affatto il prototipo dei termini sardi.

Il problema se nel Mediterraneo venga prima il concetto di tana o quello di ovile si risolve osservando la base sumerica, che però lascia intravvedere, già in epoca arcaica, il convergere e confondersi di due vie di interpretazione: la prima delle quali è ku ‘buco, cavità, tana’ + bilam ‘animale’, col significato di ‘tana di animali’ (e siamo al significato italico nonché a quello originario della Sardegna). La seconda interpretazione, sempre di origine sumerica, mette in campo gub (una designazione di pecora o capra): con l’agglutinazione di bilamgubbilam, onde cubìle, cuìle inteso come ‘ovile’.

Questo radicale si trova anche nel gr. κολεός ‘guaina’, lat. oc-culō (da *ob-celō), cella, color; ant. iranico celim ‘nascondo’, cuile ‘cantina’. Con grado allungato si ritrova nell’antico indiano śálā, lat. cēlō, antico islandese hāēle, antico alto tedesco hāli; gr. ridotto καλιά, lat. clam. Vedi anche got. hula ‘coprire’, dietro la quale vien dietro una frotta di voci germaniche con radicale –hul– riferito al concetto del ‘coprire’, del ‘sigillare’.

Questo arcaico radicale, sortito anzitutto nel Mediterraneo, migrò dappertutto nell’Eurasia, e si saldò pertinacemente tra le lingue germaniche, favorendo il concetto basilare od anche ampliandolo e mutandolo entro campi semantici più ariosi.

In tal senso si ritrova nientemeno che nel gotico and-huleins ‘rivelazione’ (di evangelica memoria), gr. αποκάλυψις. Vedi anche il verbo and-huljan. In gotico manca il lemma senza prefisso. Il nome and-huleins è un femminile in -i/-o. Il prefisso and– esula dal campo semantico della preposizione e indica il rapporto di allontanamento, come il gr. apo-, lat. ab, da accadico abum ‘father, padre’, ‘progenitore’, dove in questo caso prevale in assoluto la funzione dell’origine, dell’inizio, del distacco.

A sua volta il prefisso got. and– ha come precisa rispondenza fono-semantica nel gr. αντί ‘di contro, in luogo di’, composto da akk. an ‘a, verso, contro; per, a causa di’, che si fonde con l’enclitica gr. –ti < -τε [= mic. –qe, lat. –que, got. –h] mentre la lingua gotica esprime la sua personalità con –ϸ (= th dal germ. –đ), da confrontare con gr. έν-τε, τό-τε, άλλο-τε. La –ϸ gotica ha base etimologica nell’eg. ṭa (ṭ- da leggere come ingl. –th-) articolo ‘the, il, lo’. Vedilo in azione, ad esempio, nella preposizione-avverbio got. alja ‘altrove’ = lat. peregre (< per ager ‘fuori della città, in campagna’). In tal guisa, alja-ϸ è “personalizzazione, sostantivizzazione” di alja, nel senso che l’apposizione dell’articolo andò a significare ‘l’altrove, l’essere in altro posto’.

Per il radicale di got. –huleins cfr. aisl. hylja, aingl. be-hyllan, afris. hella, asass. bi-hullean, aat. hullan, hullen ‘velare’; aisl. huliđs-hjalmr ‘che fa invisibile l’elmo’; aat. hulla ‘involucro’, hulith, huliđ ‘velamentum’, pi-hullid ‘velāmen’, aat. holōn ‘excavare’. Aoristo-presente originario *hulan con grado apofonico pieno della radice su un verbo atematico ie. *kel-; grado pieno in aingl. helan, afris. hela ‘segreti’, asass. aat. helan ‘nascondere’. Vedi anche ai. śàras– ‘panna’, sàraṇaś ‘protettivo’.

Salvatore Dedola,
glottologo-semitista

Nell’immagine: l’incipit, “C”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009

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