ARIŠTÁNIŠ = IŠTARĀNIŠ – Tra i due dizionari consultati (Chicago Assyrian Dictionary, in 25 volumi, ed il mono-volume A Concise Dictionary of Akkadian), trovo che il primo, nonostante la profluvie di citazioni in oltre 4 pagine, procede cautamente nella interpretazione di Ištarāniš, mentre è il secondo ad essere preciso e deciso. Il motivo è semplice: il volume n° 7 – I/J del CAD – fu pubblicato nel 1959, mentre il CDA fu pubblicato 41 anni dopo nel 2000. E sappiamo quante menti si applichino ancora oggi, diuturnamente, a risolvere passo passo i problemi interpretativi che una lingua di così recente scoperta (l’accadico) pone tuttora. Talché – come tutti sanno – il 10% del vocabolario mesopotamico non è stato ancora tradotto.
Nella “lingua mesopotamica” sono catalogati il sumerico, l’accadico, l’assiro, il babilonese. Ištarāniš compare nel neo-babilonese, e significa letteralmente ‘alla Dea’ (una voce che segue o precede verbi d’invocazione, d’invito ad apparire, invito al soccorso). Per quei popoli la Dea per antonomasia (o Dea Mater Universalis) era Ištar. Potremmo tentare una più completa traduzione di Ištar-āni-š come ‘Ištar-paredra-di Anu’ (Anu era il Dio Sommo dell’Universo). Il suffisso –š è un marchio territoriale accadico. Quindi sarebbe ora di riappropriarsi dei numerosissimi –s o –is di cui è zeppa la Sardegna (Karali-s, Sen-is, Mara-Calagon-is, Mil-is, ecc.), che per sentito-direattribuiamo al latino, spesso a rilassatezza fonetica, spessissimo al famigerato “campidanese rustico”, inventato dal Wagner quale comodo ripostiglio di tutti i problemi che non seppe risolvere.