Agosto 2023, una parola sarda al mese: “A” come “ARIŠTÁNIŠ”

descrizioneARIŠTÁNIŠ = IŠTARĀNIŠ – Tra i due dizionari consultati (Chicago Assyrian Dictionary, in 25 volumi, ed il mono-volume A Concise Dictionary of Akkadian), trovo che il primo, nonostante la profluvie di citazioni in oltre 4 pagine, procede cautamente nella interpretazione di Ištarāniš, mentre è il secondo ad essere preciso e deciso. Il motivo è semplice: il volume n° 7 – I/J del CAD – fu pubblicato nel 1959, mentre il CDA fu pubblicato 41 anni dopo nel 2000. E sappiamo quante menti si applichino ancora oggi, diuturnamente, a risolvere passo passo i problemi interpretativi che una lingua di così recente scoperta (l’accadico) pone tuttora. Talché – come tutti sanno – il 10% del vocabolario mesopotamico non è stato ancora tradotto.

Nella “lingua mesopotamica” sono catalogati il sumerico, l’accadico, l’assiro, il babilonese. Ištarāniš compare nel neo-babilonese, e significa letteralmente ‘alla Dea’ (una voce che segue o precede verbi d’invocazione, d’invito ad apparire, invito al soccorso). Per quei popoli la Dea per antonomasia (o Dea Mater Universalis) era Ištar. Potremmo tentare una più completa traduzione di Ištar-āni-š come ‘Ištar-paredra-di Anu’ (Anu era il Dio Sommo dell’Universo). Il suffisso –š è un marchio territoriale accadico. Quindi sarebbe ora di riappropriarsi dei numerosissimi –s o –is di cui è zeppa la Sardegna (Karali-s, Sen-is, Mara-Calagon-is, Mil-is, ecc.), che per sentito-direattribuiamo al latino, spesso a rilassatezza fonetica, spessissimo al famigerato “campidanese rustico”, inventato dal Wagner quale comodo ripostiglio di tutti i problemi che non seppe risolvere.

Considerato il passato ricchissimo e fastoso di Tharros-Tiro (che forse fu pure il nome della celeberrima Taršiš o quantomeno il suo doppio: vedi pure l’uso che di questo toponimo fecero gli Ebrei), notiamo anche qui il marchio territoriale –, usato a piene mani financo dai Cananei. Tutto ciò toglie le ultime remore a considerare il territorio dell’Arborèa intriso al 100% di tradizione e linguaggio semitici, quantomeno se ci riferiamo ai tempi nuragici e giù di lì.

Sulla scoperta che il macro-toponimo Aristanis (Oristano) sia una metatesi del più antico Ištarāniš si possono dire tante cose in appoggio. Tra queste sale alla ribalta il Carnevale sardo. E allora, è il caso di dire: gettiamo la maschera! Ištarāniš spiega abbondantemente il significato della maschera di su Cumponidori e del suo seguito nel Carnevale di Oristano. Quella non è maschera androgina (metà uomo, metà donna). No. È precisamente una maschera muliebre! Una maschera dalla bellezza sconvolgente, che rappresenta il radioso viso della dea Ištar.

Salvatore Dedola, glottologo-semitista

Nell’immagine: l’incipit, “A”, in Giampaolo Mele (a cura di), Die ac Nocte. I Codici Liturgici di Oristano dal Giudicato di Arborea all’età spagnola (secoli XI-XVII), Cagliari: AMD Edizioni, 2009

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