Festa sarda on-line a Biella in “Limba mama”, il dovere del ricordo

Donna al filetMartedì 28 aprile, in Sardegna è la festa del Popolo sardo “Sa Die de sa Sardigna”. A Biella verrà celebrata on-line alle ore 21:00, in collegamento Skype con il Circulo sardo “Antonio Segni” di La Plata (Argentina) – Edizione speciale del laboratorio linguistico “Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant” – Verrà presentata la poesia “Fadu malu/Brutto destino”, di Nicola Loi di Ortueri (Nuoro). Scritta “in Limba de mesania” (Lingua di mezzo) in uso nel Mandrolisai – attualissimi versi in cui il Poeta ci invita a riflettere sul difficile momento che stiamo vivendo.

È fatale: si nasce, si invecchia, si muore.
E, fin qui, tutto secondo natura – che, si sa, è ben più forte di noi.
Ma, quello che natura non è (umano?) è che, chi resta, chi recita la sua parte di vita, non sappia accettare il carico della memoria: carico che a tutti compete.
Riflettiamoci, ascoltiamo il Poeta che a questo ci invita.
Durante la vita, oltre al ricordo, cosa c’è? Il vuoto, il buio…in cui il presente si dibatte, illuso da un futuro che non conosce…
È proprio questo il punto: siamo intessuti di ricordi, che viviamo negli istanti del presente: io, mentre scrivo; voi, mentre leggete. Il futuro non sappiamo neppure se sia nelle mani di chissà quale dio…
Ma se, in questo presente di oggi, così tormentato e difficile da decifrare, abbiamo, almeno!, il senso di quanto stiamo perdendo – istante per istante, momento per momento -, lo dobbiamo, questo, a chi prima di noi ha lottato e patito e costruito.
Eccolo il dovere del ricordo: ricordando chi ci ha fatti essere quelli che siamo, diamo serietà e spessore alla nostra stessa esistenza.
Difficile accettare l’avvicendarsi di vita e di morte; ma, ancor più inaccettabile e difficile comprendere che, chi ha meritato, venga lasciato a se stesso, “anello debole della catena” – come ben dice il Poeta.
E il Poeta manda amare lacrime e onore a chi ha saputo far crescere quella pianta che, oggi, non va dimenticata, perché, quella pianta, caduta e rinverdita, è la nostra vita: è il nostro futuro!
Il cuore, anche se stilla amarezza, è, e deve essere, memoria.

Pietro R. Borenu


Fadu malu

Est morinde sa zent’ ‘e su Baranta,
Chi est semper istada ‘e bona-muta.
Rea nd’aiant pesadu una pianta,
Cudda ch’in terra fit arvure ruta.

Torradu ant dignidade a-i custa terra,
Ant trabagliadu che pegos de mola.
Ant cumbatidu famen’e sa gherra,
Ant bidu s’umbra, sa pesta ispagnola.

In campagna, in biddas o tzitade,
Ant fraigadu subr’a sas ruinas.
Pienos de idea e volontade,
Ant segadu sas rocas marmarinas.

Ant dadu tota sa vida issoro,
Pro nde pesare sa sotziedade.
Esempiu mannu fint de bonu-coro,
De fide, de ispera e caridade.

Unu ‘estire aiant totu s’annu,
Unu cosinzu istrintu a corrias.
A coa ‘e chida mudaian pannu,
Cando faghiant sas pregadorìas.

Nos ant mandadu a s’universidade,
E nd’ant bogadu mastros e dutores,
Sa raighina ‘e sa comunidade,
Padres missionarios, munsegnores.

Issos umiles massajos, pastores,
Suore e sambene lis at faladu.
Malas disamistades e dolores,
A metad’ ‘e su seculu passadu.

An pesadu nebodes e sos fizos,
Los teniant che rosa butonìda.
Lis poniant sos bonos contivizos,
Sa familia prima, favorida.

Oe sunt morinde tot’a unu fiotu,
S’aneddu debile de sa cadena.
Isolados los amus in su totu,
Disamparados in s’issoro pena.

Leados a sa muda a campusantu,
Finas brivados de una candela.
Sena sa cumpagnia né piantu,
A sa muda passados in carrela.

Dae domo bos mando custu cantu,
Cun sas lagrimas mias d’amargura.
Chi bos arrivent a su campusantu,
Cun sos onores mannos e lugura.

Gratzias pro nd’aer pesadu sa pianta,
Gratzias a bois est semper fozida.
Reposade sa ‘ostra paghe santa,
No meressiat custa dispedida.

Nigola Loi, 15 de abrile 2020

Brutto destino

Sta morendo la gente del Quaranta,
Quella che aveva sempre tante aspirazioni.
Avevano rialzato in piedi una pianta,
Quella che a terra era un albero caduto.

Hanno ridato dignità a questa terra,
Hanno lavorato come asini da mola.
Hanno combattuto la fame e la guerra,
Hanno visto l’ombra, la peste spagnola.

In campagna, nei paesi o città,
Hanno fabbricato sulle rovine.
Pieni di idee e volontà,
Hanno spaccato le rocce di marmo.

Hanno dato tutta la vita loro,
Per risollevare la società.
Grande esempio fu di grande cuore,
Di fede, di speranza e carità.

Un solo abito indossavano tutto l’anno,
E degli scarponi con le corregge.
A fine settimana cambiavano l’abito
Quando recitavano le preghiere (andare a Messa).

Ci hanno mandato all’università,
Da li (sono usciti) insegnanti e medici.
Le radici della comunità,
Padri missionari, vescovi.

Loro umili contadini, pastori,
Sudore e sangue hanno versato.
Tra faide e lutti,
(ricorrenti) a meta del secolo scorso.

Hanno allevato nipoti e figli,
Li tenevano come boccioli di rose.
Li avevano sempre sotto controllo,
Perché prima di tutto, la famiglia.

Oggi muoiono numerosissimi,
L’anello debole della catena.
Isolati li abbiamo in tutto
Abbandonati nella loro pena.

Portati in silenzio al cimitero,
Privati anche di una candela.
Senza la compagnia né il pianto
In silenzio passati per strada.

Da casa vi mando questo canto,
Con le mie lacrime di amarezza.
Che vi arrivino al camposanto,
Con grandi onori e luce.

Grazie per aver risollevato la pianta,
Grazie a voi oggi è rinverdita.
Riposate nella vostra pace santa,
Non meritavate questo estremo saluto.

Nicola Loi, 15 aprile 2020


Nell’immagine: Donna al filet (Giuseppina Pinna di Pozzomaggiore, ante 2000)

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