Una poesia di Nicola Loi per il laboratorio linguistico tra Biella e La Plata

Biella, Banda militare della Brigata Sassari a Nuraghe Chervu

Prossimo appuntamento intercontinentale: martedì 25 agosto 2020, alle 21:00 ora italiana, ore 16:00 dall’altra parte dell’oceano. All’incontro on-line sarà presente Alessandra Zedda, assessore al Lavoro della Regione Autonoma della Sardegna.

Fortza paris/Avanti insieme”, è il titolo della poesia di Nicola Loi di Ortueri (Nuoro), composta per il Laboratorio Linguistico “Eya, emmo, sì: là dove il sì suona, s’emmo e s’eya cantant”. L’attività didattica di difesa e promozione della lingua materna del Circolo Culturale Sardo di Biella viene condivisa con il Circolo sardo “Antonio Segni” di La Plata (Argentina) nell’ambito del gemellaggio tra le due associazioni. L’opera, appositamente scritta, è inserita tra i testi del prossimo appuntamento on-line, in calendario martedì 25 agosto 2020.
Seguendo i canoni della tradizionale “poesia a bolu/poesia a volo”, propria degli improvvisatori delle gare poetiche ancora attive sui palchi dell’Isola, seguito dai primi due versi di impostazione bucolica, nell’incipit troviamo le parole del noto grido di Battaglia della Brigata “Sassari”, divenuto celebre in tutto il mondo per le gloriose gesta dei soldati sardi. Giovani ad arruolamento regionale da sempre impiegati in prima linea a fare grande l’Italia: dalle trincee della Prima guerra mondiale, all’odierno fronte, inviati poche settimane fa per la seconda volta in Libano, utilizzati nell’operazione denominata “Leonte”, affidata al generale Andrea Di Stasio, al comando del contingente italiano e del “Sector West” di Unifil (United Nations Interim Force In Lebanon), per garantire il rispetto delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Purtroppo la fedeltà dei Sardi all’Italia è sempre stata mal ripagata. Emigrati oltre oceano già dagli anni Venti del Novecento – una emorragia, un esodo che ancora continua – e, in aggiunta, la colpevole perdurante arretrata situazione economica e strutturale dell’isola porta i Sardi a continuare ad essere “sena trabagliu e peruna ispera”, ossia, “senza lavoro e nessuna speranza”.
Con versi amari, il Poeta ripercorre alcuni momenti dell’antica storia isolana fino alle più attuali vicende, invitando “a nos moer’ prima chi siat tardu”, ossia, “a muoverci prima che sia tardi” e che “Lingua e storia non siano un ricordo”, perché, se continua così, il Popolo sardo sparisce dalla “Terra del vento”.

Battista Saiu


Fortza paris

In custa terra naschet sa peonia,
Sos fiores de murta cun sa rosa.
Ma su esser’ trattada che colonia,
Sa zente est in d-un’era ispinosa.

Si as bona volontade o ti discòidas,
De male in peus la ‘ides andare.
In custas biddas semper pius bòidas,
Sa paga zente est pro si ch’andare.

B’at solu calchi ‘etzu pili canu,
In soledade comente matzone.
Chi est azudu pro su fizu ajanu,
Trazende cun sa paga pensione.

Cantat su Teu sa terra isolana,
Tue no trabaglias e ti disisperas.
Serrados sos velenos de Othana,
Cun sas maurreddinas minieras.

Familias reduidas a sa gana,
Sena trabagliu e peruna ispera.
Dae Roma arrivat sa bardana,
Cun tassas noas de dogni manera.

Che sunt tirende finas su meuddu,
Chi manchende nos est finas s’alènu.
Pagamus finas su cantu ‘e su puddu,
In domo tua ses in logu anzenu.

Palas a terra, ti ponent in rughe,
Su disisperu est in dogni logu.
Cando chi pagant s’abba cun sa lughe,
Su ‘inari che finit in su fogu.

Inue fint sas campuras de su trigu,
B’est naschidu su rù e s’isciareu.
In mesu ‘e rocas calchi crabufigu,
Est tottucantu unu desertu feu.

Cudda chi fit de Roma su granariu,
Dae tempos no batit pius laore.
Ca cun s’italianu feudatariu,
Semus che puddas sutta de s’astore.

Cherent brivare limba e su connottu,
Ca contant sas istorias romanas.
Ponner’ a un’ala cherent in su tottu,
Sa ‘e sos nuraghes e domos de Janas.

Est a nos moer’ prima chi siat tardu,
Limba e istoria no siant un’ammentu.
Si sighit goi su Populu sardu,
Isparit dae sa Terra de su ‘entu.

Bogamus fora cudda rebbellia,
Chi lassadu nos at Eleonora.
Est a nd’ettare custa tirannia,
Dae Sardigna la lassamus fora.

Nigolau Loi, su 16 de triulas de su 2020

Avanti assieme

In questa terra nasce la peonia,
I fiori di mirto con la rosa.
Ma l’essere trattata come colonia,
la gente è in un’era spinosa.

Se hai buona volontà o sei disattento,
Di male in peggio la vedi andare.
In questi paesi sempre più vuoti,
La poca gente sta per andarsene.

C’è solo qualche vecchio canuto,
In solitudine come una volpe.
Che è aiuto per il figlio celibe,
Trascinando con la poca pensione.

Canta il “Te Deum” la terra isolana,
Tu non lavori e ti disperi.
Chiusi i veleni di Ottana,
Con le miniere sulcitane.

Famiglie ridotte in bisogno,
Senza lavoro e nessuna speranza.
Da Roma arriva la grassazione,
Con nuove tasse di ogni tipo.

Che stanno tirando anche il midollo,
Che ci sta mancando anche il fiato.
Paghiamo anche il canto del gallo,
In casa tua sei in luogo altrui.

Spalle a terra, ti mettono in croce,
La disperazione è in ogni luogo.
Quando si paga l’acqua con la luce,
Il denaro finisce nel fuoco.

Dove erano i campi di grano,
C’è cresciuto il rovo e l’asfodelo.
In mezzo alle pietre qualche caprifico,
È tutto quanto un deserto brutto.

Quello che era di Roma il granaio,
Da tempo non produce più frumento.
Perché con l’italiano feudatario,
Siamo come le galline sotto l’astore.

Vogliono vietare lingua e il conosciuto,
Perché contano le storie romane.
Mettere da una parte vogliono del tutto,
Quella dei nuraghi e delle “domos de Janas”.

È a muoverci prima che sia tardi,
Lingua e storia non siano un ricordo.
Se continua così il Popolo sardo,
Sparisce dalla Terra del vento.

Tiriamo fuori quella ribellione,
Che lasciato ci ha Eleonora.
È da buttare giù questa tirannia,
Dalla Sardegna la lasciamo fuori.

Nicola Loi, 16 luglio 2020


Nell’immagine: Biella, Banda militare della Brigata “Sassari” a Nuraghe Chervu.

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